Reato di tortura: ecco perché sarà impossibile interrogare un criminale

12 Mag 2015 18:03 - di Laura Ferrari

Il reato di tortura? «Un reato ideologico, che il solito e ben conosciuto partito dell’antipolizia – cavalcando la recente ondata provocata dalla Corte europea dei diritti umani che si è espressa in merito ai fatti del G8 di Genova – sta portando a casa nascondendolo dietro la necessità di adeguare la nostra legislazione alla normativa europea». A denunciarlo il Sindacato Autonomo di Polizia  con una dettagliata analisi tecnica pubblicata sul proprio sito. C’è il rischio avere le mani legate, di essere criminalizzati con denunce strumentali. Un timore espresso anche dai vertici delle forze di polizia alla Commissione Giustizia del Senato. Capo della Polizia e comandanti dei Carabinieri e della Guardia di finanza sono stati ascoltati dalla Commissione in un’audizione informale. E alla fine della riunione sono stati i parlamentari a riferire del loro allarme. «Il testo così come è stato modificato dalla Camera è irricevibile – dice Carlo Giovanardi, di Area Popolare – E i vertici delle forze di polizia hanno detto che con queste norme non sono in grado di mantenere l’ordine pubblico. Si sentono criminalizzati e inibiti a svolgere i loro compiti». Il centro delle critiche è la trasformazione che nel passaggio dal Senato alla Camera ha subito il reato: nel testo originario si trattava di un reato comune con un’aggravante per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio; la disciplina introdotta dalla Camera invece riguarda quasi esclusivamente i pubblici ufficiali. Una novità che preoccupa le forze dell’ordine che – come riferisce Maurizio Buccarella del M5S – temono «denunce strumentali».

Reato di tortura: più difficile espellere un migrante

L’altro allarme riguarda le ripercussioni sull’allontanamento degli immigrati irregolari: «I capi di polizia, carabinieri e guardia di finanza, hanno detto che nell’indeterminatezza della norma diventa difficile operare le espulsioni, perché non sappiamo in quali Paesi si pratica la tortura», racconta Buccarella. «Le preoccupazioni delle forze di polizia sono legittime, bisogna avere una normativa chiara e affidabile anche in materia di respingimenti ed espulsioni; cercheremo di rendere compatibili i due testi», sostiene il socialista Enrico Buemi. Ci riusciranno? Come denuncia il Sap: «un poliziotto commette tortura se dice a un terrorista: “Dimmi dov’è il covo o ti tiro un pugno in testa!”. Diventa un torturatore anche un magistrato che dice a un mafioso: “O collabori o ti faccio passare un brutto quarto d’ora». Un pasticcio ideologico più brutto del male che si vorrebbe curare.

 

Commenti