Verdone: Roma è una salma, qualcuno torni a prendersene cura…

22 Apr 2015 11:04 - di Adele Sirocchi

“L’incanto della Roma dove ti imbattevi in Mastroianni è finito”. Lo ha detto lo scrittore Fulvio Abbate, presentando alla libreria Fandango il suo ultimo libro Roma vista controvento (Bompiani) con Carlo Verdone e Barbara Palombelli. Un dibattito che è andato avanti tra toni divertiti e malinconici, oscillando tra dichiarazioni d’amore per Roma e recriminazioni per la decadenza della città eterna.

Grande bellezza e grande decadenza

“Si scrive tanto di Roma – ha detto Verdone – si fanno film su Roma come La grande bellezza, ma Roma ormai è una salma, bisognerebbe che qualcuno torni a prendersene cura. Da dove viene tutta questa decadenza? Possibile che chiudono il teatro Eliseo e nessuno dice nulla, non si legge un articolo, tutti distratti, tutti muti…”. Colpa di una classe politica inadeguata – “c’è qualcuno che pensa solo ad andare in bicicletta…”, ha chiosato Barbara Palombelli alludendo al sindaco Marino – ma anche di quel senso di approssimazione e di incertezza che è un tratto tipico della romanità, che ti viene incontro fin dall’aeroporto di Fiumicino, dove – è scritto nel libro di Abbate – scorre il nastro del ritiro bagagli e tu sta lì a chiederti: arriverà mai la mia valigia?

Roma come punto interrogativo

Ecco, Roma come punto interrogativo, ma anche come città che rappresenta un unicum da salvaguardare. “I romani – ha detto provocatoriamente Abbate – andrebbero pagati per non fare nulla, così avrebbero solo la missione di salvaguardare lo splendore che li circonda, io mi auto-assegnerei la sorveglianza del laghetto di Villa Borghese”. Roma è città di vita e di agonia, metropoli crepuscolare dove – ha scritto Filippo la Porta nel suo Roma è una bugia (Laterza) tutto parla di “una apocalisse continuamente rinviata”.

La filosofia davanti al cappuccino

 

Ma Roma è anche una città dove la filosofia è alla portata di tutti, soprattutto nell’ora della colazione al bar. Dinanzi a cornetto e cappuccino tutto viene riportato alla misura umana troppo umana dei romani e della loro sapienza minimalista. Lo ha raccontato da par suo Carlo Verdone, narrando delle colazioni consumate al bar di Monteverde vecchio – dove abitano sia lui sia Fulvio Abbate – “Io Fulvio Abbate lo incontro al bar di Monteverde vecchio dove facciamo colazione. Lui certe volte ha il pigiama sotto il cappotto e prima mi intervista (per Telederruti, ndr) e poi parliamo. E passa Umberto Orsini e se ferma. E passa Gabriele Lavia e se ferma. E passa Nanni Moretti e non se ferma, anzi se mette con la mano in fronte per far vedere che non c’ha visto e che sta’ a pensa’ ai fatti suoi importantissimi e noi già l’avemo cioccato da lontano con la coda dell’occhio e facciamo sempre lo stesso commento, ‘è fatto così’…”.

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