Strage rapido 904: chiesto l’ergastolo per Totò Riina come mandante

14 Apr 2015 13:23 - di Redazione

«Concludo chiedendo la pena massima dell’ergastolo» per Totò Riina. Sono le richieste del pm Angela Pietroiusti al processo per la strage del Rapido 904, in corso a Firenze. «Si chiede la condanna non perché non poteva non sapere – ha spiegato – perché era a capo dell’organizzazione, ma perché Riina esercitava questo potere. Solo con la sua autorizzazione è stato fornito l’esplosivo a Calò e solo lui poteva decidere la destinazione dell’esplosivo. Riina è il determinatore, lui dà questo contributo decisivo». Secondo il pm, Riina è il «principale artefice di questo fatto, lo ha determinato», su questo «non c’è il minimo dubbio». La condanna serve «a fare giustizia, per il rispetto delle vittime, anche se a distanza di tempo». «Quello che ci dicono tutti i collaboratori – ha ricordato il pm – è che Riina aveva un potere assoluto, come è cristallizzato nelle sentenze, che già nel 1982 aveva posto a capo di tutti i mandamenti persone di sua fiducia, e nessuno si poteva opporre sennò veniva ucciso». Il “legame” fra Riina e Pippo Calò, già condannato per la strage, secondo il pm è dimostrato anche dalla trattativa di cui parlò Brusca, quando i boss chiesero «la concessione di benefici, gli arresti ospedalieri per alcuni mafiosi: fra questi è sempre presente Pippo Calò. A Pippo Calò viene riservato un trattamento di favore. Oltre a lui c’erano le persone di massima fiducia di Riina, come Bernardo Brusca».

Rapido 904, stesso esplosivo della strage di via D’Amelio

La sera del 23 dicembre 1984 una bomba esplose alle 19.08 su un treno nella Grande Galleria ferroviaria tra Bologna e Firenze. Il treno era partito alle 12.55 dal binario 11 di Napoli
Centrale, diretto a Milano e carico di persone in viaggio per le festività natalizie. L’esplosivo, messo nella nona carrozza di II classe, fu fatto esplodere con un innesco radiocomandato mentre il convoglio era a metà della Grande Galleria appenninica, tra le stazioni di Vernio e San Benedetto Val di Sambro, provocando oltre ai 16 morti 267 feriti. Secondo una perizia commissionata dai pm, nella strage del rapido 904 fu usato lo stesso esplosivo (Semtex, composto da T4 e Pentrite, nitroglicerina e tritolo) della strage di via D’Amelio in cui morì il giudice Paolo Borsellino con la scorta, e «ci sono analogie riguardo ai materiali con la strage di Capaci e le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze», nonché con i falliti attentati all’Addaura e allo stadio Olimpico di Roma.

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