Se per il fisco italiano gli esuli istriani sono considerati “jugoslavi”

18 Apr 2015 11:33 - di Redazione

Ora ci mancava quest’altra mazzata. Dopo la storia, la storiografia e la giustizia, ci si è messo anche il fisco a bastonare gli esuli istriani, giuliani e dalmati, reputandoli «non italiani». Come denuncia Il Piccolo di Trieste, nel nuovo modulo online precompilato del 730 i nati nelle terre del Nord-est passate a fine guerra sotto il regime di Tito, risultano formalmente nati in Jugoslavia: una distorsione non soltanto storica, ma anche giuridica, visto che dal 1989 (non a caso, anno di fine Guerra Fredda) è in vigore una legge (n.54/89) che prevede che tutti gli esuli siano considerati dalle istituzioni come nati in Italia; e che «tutte le amministrazioni dello Stato, nei documenti rilasciati a cittadini italiani nati nei territori poi ceduti ad altri Stati, hanno l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano del Comune, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene».

Per gli esuli istriani un altro schiaffo

Il dettato della legge, purtroppo, viene però smentito dalla prassi e così si verificano casi come quello del signor Pietro Valente, nato a Capodistria nel 1937 e che «secondo il nuovo 730 è nato in Iugoslavia, per di più con la I al posto della J (la scrittura “Iugoslavia” è infatti slovena, ndr); per sua moglie, nata a Cherso, Comune del Quarnero, prima della guerra, stessa storia. Ironia vuole peraltro che i due risultino nati in uno Stato che oggi non esiste più, la Jugoslavia appunto.

Ma sono numerosissimi i casi simili a quelli della famiglia Valente, come denuncia l’Unione istriana degli esuli che ha ricevuto diverse lamentele e ora, tramite il suo presidente Massimiliano Dacota, definisce «la vicenda scandalosa: l’Agenzia delle entrate pesca in archivi vecchi, riportandoci indietro di vent’anni».

Dietro i disguidi burocratici, ci sono infatti le ferite della storia e la consapevolezza di sentirsi ancora apolidi, dopo essere stati cacciati dalla terra natia e poi esiliati in altre regioni italiane, che a lungo hanno faticato ad accogliere chi, a torto, veniva considerato “un fascista compromesso col regime”. Concedere un pezzo di carta o un documento digitale che attesti l’identità italiana degli esuli significherebbe quindi non solo rendere giustizia al passato, ma anche restituire un po’ di dignità a chi ha sofferto la perdita della propria terra, della propria casa e della propria nazione. E ancora oggi, quasi villanamente, viene sbeffeggiato dallo Stato italiano, sentendosi dare, in modo offensivo, dello «jugoslavo».

Gianluca Veneziani su http://www.lintraprendente.it/2015/04/se-per-il-fisco-italiano-gli-esuli-istriani-sono-jugoslavi/

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