Lo Porto, se al posto di Obama c’era Bush e se invece di Renzi c’era Berlusconi…

25 Apr 2015 16:33 - di Lando Chiarini

Probabilmente è sbagliato – oltre che inopportuno – buttarla in politica quando c’è di mezzo un morto. Ancor più quando questo morto è un connazionale come Giovanni Lo Porto che ha scelto di rischiare (perdendo) la propria vita per alleviare quella di altri che neppure conosceva. È sbagliato, probabilmente. Ma nessuno può toglierci dalla testa – e Maurizio Gasparri, che per primo l’ha detto, ha colto nel segno – che se ad ucciderlo per errore fosse stato un drone americano “targato” George W. Bush piuttosto che Barack Obama, la tragedia di un uomo solo e di una sola famiglia, così come il raccoglimento di quella parte non distratta della nazione sarebbero stati immediatamente scalzati da un moto d’isteria collettiva che avrebbe investito la Casa Bianca e il suo inquilino wasp con consueto corredo di strali contro l’imperialismo yankee tutto Cia e petrodollari. A maggior ragione – ancora copyright Gasparri – se a Palazzo Chigi vi fosse stato Silvio Berlusconi e non Matteo Renzi.

Sinistra imbarazzata: non sa con chi prendersela per la morte di Lo Porto

È una constatazione difficilmente confutabile. La Guerra Fredda ed il bipolarismo Est-Ovest, che ne rappresentava il corollario, hanno lasciato in eredità alla sinistra un sentimento anti-americano le cui intensità e gradazioni dipendevano (e dipendono) in gran parte dal segno politico del presidente Usa: azzurro tenue se democratico, blu intenso se repubblicano, con punte addirittura di rancore violaceo in presenza di gente come Richard Nixon o Ronald Reagan. Bush figlio appartiene ad un’epoca successiva ma le bandiere arcobaleno che in Italia pencolavano da finestre e balconi in segno di ostile presa d’atto dell’intervento americano in Irak non avevano nulla da invidiare a quelle della pace sventolate cinquant’anni fa o giù di lì contro la guerra in Vietnam.

L’eccezione Annunziata: «Obama non può passarla liscia. Renzi reagisca»

Fa eccezione Lucia Annunziata, che in un’editoriale sull’Huffington Post ha messo sotto accusa il «debole Obama» prendendo spunto dalle rivelazioni del New York Times, secondo cui il presidente Usa sapeva della morte di Lo Porto già prima dell’incontro con Renzi, al quale però non avrebbe riferito nulla. Una scorrettezza inaudita, su cui la “direttora” non fa sconti: «Obama non può passarla liscia», sembra quasi suggerire al premier italiano. Cui non manca di ricordare la serie di “incidenti” americani con lutti italiani: dai morti della funivia del Cermis, provocata – ricorda Annunziata – «da un imbecille di pilota annoiato e in cerca di esibizioni acrobatiche», a Calipari, che aveva appena liberato la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. Tutto vero. Tuttavia, la pur rigorosa ricostruzione che l’Annunziata fa di questo dolente aspetto del rapporto Italia-Usa rischia di essere vanificata dal suo appello a Renzi a non subire oltre. Un appello che lascia il tempo che trova e che forse la “direttora” neppure avrebbe lanciato se solo avesse ricordato che i sorrisi e le strette di mano ad uso di cameraman e fotografi non sono la sostanza delle relazioni internazionali. Tra Stati contano i rapporti di forza. E l’Italia è tuttora legata alla sua condizione di potenza sconfitta nel Secondo conflitto mondiale, di cui proprio oggi celebriamo paradossalmente la ricorrenza sotto forma di Liberazione. Anche Craxi a Sigonella l’aveva dimenticato. E non gli è andata bene.

 

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