Fioraia non vende fiori per le nozze gay. E diventa l’eroina del web

8 Apr 2015 18:12 - di Bianca Conte

L’incredibile caso della fioraia americana che si è vista multare e finire all’indice dell’anticonformismo militante per essersi rifiutata di offrire i suoi servizi a un matrimonio gay, sta spopolando sui media. Non prima, ovviamente, di aver conquistato in Rete numerosi proseliti del rito del dissenso motivato, tanto da diventare la donna la protagonista e beneficiaria di una campagna di solidarietà partita sul web e intestata a lei in quanto simbolo della difesa di un principio sacrosanto: la libertà di scelta, rivendicato dalla fioraia d’oltreoceano con onestà intellettuale, e a costo di pesanti conseguenze.

 Fioraia americana multata, la vicenda

Lei è Baronelle Stutzman, fioraia settantenne in una cittadina a circa 300 km da Seattle, nello stato di Washington. Una commerciante come tante balzata al “disonore” delle cronache per il suo netto rifuuto a vendere fiori per un matrimonio gay. Una decisione, la sua, sanzionata con mille dollari di multa comminata da un tribunale americano. A sua discolpa la donna ha semplicemente rivendicato il diritto ad operare secondo i dettami della sua fede religiosa, il credo battista, che le avrebbe impedito di vendere fiori per delle nozze omessuali. Così, dopo giorni di gogna mediatica, arriva la scelta di scrivere al procuratore generale allo scopo di difendere le proprie istanze: «È una questione di libertà, non di soldi – ha scritto la fioraia nella sua missiva – certo non mi piace l’idea di perdere la mia attività, la mia casa e tutto ciò che può essere messo a rischio da una causa. Ma la libertà di onorare Dio con ciò che faccio è più importante».

Gli obblighi imposti dalla legge

Non la pensa evidentemente così la legge, che invece ha imposto alla fioraia americana l’obbligo di trattare allo stesso modo tutti i clienti. Una decisione che ha suscitato l’immediata reazione del web, dalla cui trincea digitale è scattata la corsa alla solidarietà per Baronelle, e in nome della libertà di scelta, tanto che in pochi giorni sono stati raccolti tra gli internauti solidali quasi 150.000 dollari, versati on line allo scopo di proteggere la donna e di darle sostentamento, come si legge nella motivazione. Il dibattito sulla libertà di religione, peraltro,è un argoemnto particolarmente sentito proprio in questo periodo negli Usa, dove l’opinione pubblica proprio in queste settimane è stata particolarmente sollecitata a riguardo dalla controversa legge dell’Indiana in cui, appunto, si difende il principio della libertà di scelta per le attività commerciali. Non molti giorni fa, per esempio, una pizzeria aveva annunciato che non avrebbe reso il servizio di catering ai matrimoni gay: una dichiarazione d’intenti a sostegno della quale il proprietario del locale è arrivato a raccogliere oltre 800.000 dollari. Denaro versato a sostegno di un’idea controcorrente… O forse no.

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