Lupi nella bufera. L’attacco del Pd e il pressing di Renzi che lo vorrebbe fuori

18 Mar 2015 10:57 - di Romana Fabiani

Giornata dura per Maurizio Lupi che nelle prossime ore sarà in Aula per rispondere ad alcuni question time. Per ora il ministro delle Infrastrutture non vuol prendere in considerazione le dimissioni per lo scandalo delle tangenti sulle Grandi Opere: non è indagato e ritiene di aver spiegato gli elementi che lo vedono coinvolto nell’inchiesta che ha portato in carcere Ettore Incalza, il potente dirigente del ministero che ha attraversato sette governi, già capo della Struttura tecnica di missione al ministero.

Lupi dimissionario?

Una “valutazione” sul destino di Lupi è in corso, ha detto martedì pomeriggio Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Parole inequivocabili che fanno pensare a un pressing di Matteo Renzi per un passo indietro del ministro alfaniano. Di sicuro il premier non si sta stracciando le vesti nella difesa di Lupi, una volontà confermata dalla Puglia dove circola la voce, rilanciata da un editoriale di Mentana su la7, e di una telefonata del premier a Michele Emiliano per proporgli un posto nell’esecutivo. Voce che il candidato del Pd in Puglia ha smentito nettamente spiegando di non sapere se Renzi lo voglia al governo: «Ma se anche così fosse – ha detto – non rinuncerebbe mai alla candidatura nella sua Regione». La vicenda è diventata in poche ore una bufera politica, con Sel, Lega e M5s che presentano una mozione di sfiducia individuale. Alla complicata matassa si aggiunge il fuor d’opera dell’Associazione nazionale magistrati che ha accusato il governo di ammansire i corrotti e di sferzare i giudici.

Renzi a un bivio

«Questo governo intende combattere per uno “Stato di pulizia”, ha replicato duro il premier. Ettore Incalza e l’imprenditore Stefano Perotti, i due nomi centrali nell’inchiesta sui grandi appalti che vede indagate 51 persone, sono in carcere: atteso in queste ore l’interrogatorio di garanzia dell’ex superdirigente delle Infrastrutture. Ma sul banco degli imputati di quella che Famiglia Cristiana definisce una “Tangentopoli permanente” e il presidente della Cei Angelo Bagnasco un «malesempio che sembra un regime», è ancora una volta la politica.

Il Pd all’attacco

Il Nazareno va giù pesante dimostrando il solito garantismo strabico. «Se è vero che Lupi non è indagato, elementi come il Rolex regalato da Perotti al figlio e l’intercettazione con Incalza in cui il ministro minaccia una crisi di governo, destano inquietudine e preoccupazione», ha detto a caldo il presidente del Pd Matteo Orfini. E, mentre il Nuovo centrodestra Ncd definisce «indecente il tritacarne”» contro il suo esponente, il partito del premier sostiene la richiesta della Lega al Senato di chiamare Lupi a fornire spiegazioni in Aula. Anche Pippo Civati va all’attacco: «Renzi dovrebbe esigere dal suo ministro Lupi quello che chiese al ministro di Letta, Anna Maria Cancellieri». Ancora più esplicito Stefano Fassina, che dalle colonne di Repubblica, invita Renzi a convincere Lupi ad assumersi le sue responsabilità senza arrivare alla mozione di sfiducia. Lupi deve dare spiegazioni, dimettersi e restituirci fino all’ultimo centesimo tutti i quattrini», incalza  Beppe Grillo. Matteo Salvini non perde l’occasione per accenderei i riflettori sull’odiato  Angelino Alfano. Nelle prossime ore si capiranno ufficialmente le intenzioni dRenzi che martedì ha dato forfait alla presentazione del libro di Graziano Delrio.

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