Appello in Francia: basta essere “Charlie”, ora siamo tutti cristiani

7 Mar 2015 11:16 - di Antonella Ambrosioni

Non basta mettere “Je suis Charlie” sulla bacheca Fb o sulle magliette. Bisogna muoversi a livello culturale, con toni forti e chiari sul genocidio dei cristiani  massacrati dall’Isis e dai fondamentalisti islamici. L’appello parte da un gruppo di intellettuali e storici francesi su Le Figaro e da noi rilanciato da Avvenire. I cristiani d’Oriente scompariranno tutti fino all’ultimo?, è l’interrogativo che corre come un pugno sullo stomaco posto dallo scrittore francese Jacques Julliard nel suo appello  a cui hanno già aderito “grandi firme”  del mondo cultura d’Oltralpe.

È in atto un genocidio

«Siamo stati tutti ebrei tedeschi, siamo stati tutti dissidenti ai tempi di Sakharov e Solzhenitsyn. Siamo stati tutti Charlie. Ora dobbiamo tutti essere cristiani d’Oriente. Una tale situazione costituisce una negazione dell’umanità che riguarda l’umanità intera. Chiediamo al governo francese di intervenire per ottenere una riunione speciale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e mettere fine al genocidio culturale avviato». Un parterre de roi ha aderito all’appello, uno schieramento trasversale a tutte le scuole di appartenenza intellettuale, tutti accademici di Francia: c’è addirittura uno storico ateo come Michel Onfray, c’è Alain Finkielkraut, storico molto studiato dal mondo politico di Marine le Pen; Jean Luc Marion, Luc Ferry, già ministro dell’istruzione. Hanno aderito ex premier di opposti schieramenti, il neogollista Alain Juppé e il socialista Michel Rocard, Robert Badinter, già ministro della giustizia, il cineasta Claude Lanzmann, altri storici come Alain Decaux, Pierre Nora e Jean-Francois Colosimo.

Nessuno può dire di non vedere

 

Lo scenario mediorientale è agghiacciante, nessuno potrà dire di non sapere, si legge sul manifesto: «I sequestri, gli stupri, gli assassini e le scene di oorre si sono moltiplicate». Dall’Eliseo, per ora nessuna risposta ufficiale, ma è impensabile che un appello come questo non venga ascoltato in qualche modo. Nell’anno in cui ricorre il centenario del genocidio degli Armeni e a Roma un bella mostra racconta i luoghi di preghiera dei cristiani d’Oriente, la sensibilità culturale del mondo occidentale non puà più limitarsi solo alle parole e alle manifestazioni di facciata.

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