I quotidiani del 13 marzo visti da destra. Dieci titoli da non perdere

13 Mar 2015 10:20 - di Redazione
quotidiani

Le prime pagine dei quotidiani di oggi, 13 marzo, dedicano i titoli e gli approfondimenti principali alle riforme della scuola e della Rai. Si tratta di commenti per lo più assai critici, che spiegano come entrambe le riforme siano più annunciate che concrete o concretizzabili. Ampio spazio anche al caso Battisti e al seguito delle reazioni all’assoluzione di Silvio Berlusconi al processo Ruby.

1) Scuola e Rai, manca il progetto (Il Sole24ore, p. 1)

In un editoriale di Armando Torno, il quotidiano di Confindustria avverte sul fatto che sulle riforme della scuola e della Rai «gli errori, dati i ritardi, non sono ammessi. Costerebbero troppo». L’analisi delle mosse del governo, però, non è ottimista e, anzi, sottolinea che «purtroppo, ancora una volta, non mancano buone intenzioni, ma al di là dei proclami di cambiamento, si procede seguendo vecchie logiche e indulgendo a compromessi al ribasso».

2) Una riforma difficile e rischiosa (La Stampa, p. 1)

L’editoriale della Stampa, firmato da Luigi La Spina, si sofferma sulla scuola. Dopo aver ricordato che Giovanni Gentile ne è stato «l’unico riformatore» e che per questo è «passato alla storia», La Spina spiega che «l’impressione è che nemmeno Matteo Renzi e nemmeno la sua “buona scuola” passeranno alla storia». «Sono proprio le intenzioni confuse e tese sostanzialmente a suscitare demagogicamente un consenso facile e immediato – spiega il giornalista – a rischiare di scontrarsi con una realtà molto complessa».

3) Quale servizio pubblico? L’agognato bottino di guerra (Corriere della Sera, p. 1)

Aldo Grasso analizza la riforma della Rai, partendo dal presupposto che per risolverne «alla radice i problemi bisognerebbe privatizzarla e smetterla con le lagne della “più grande azienda culturale del Paese”». Il giornalista sostiene che «va riconosciuto al governo Renzi di aver avviato l’esame Rai», ma poi chiarisce che «dalle prime informazioni sulla riforma, c’è qualcosa che non torna».

4) A proposito di Houellebecq. La parola Islam un po’ rimossa. Le scorciatoie della pavidità (Corriere della Sera, p. 1)

Ernesto Galli della Loggia parla di come gli editori francese e italiano del libro di Michel Houellebecq, Sottomissione, abbiano evitato di usare la parola Islam nelle sintesi della quarta e del risvolto di copertina. «Chiunque provasse a sintetizzare in cento parole il romanzo troverebbe molto complicato evitare i termini Islam, islamico o musulmano», scrive Galli della Loggia, spiegando che invece gli editori ci sono riusciti. Ma, commenta l’editorialista, «quella che inizia con la paura di chiamare le cose con il loro nome, per timore di dispiacere a chi è meglio non dispiacere, è una deriva che porta alla viltà intellettuale».

5) I fantasmi di Usa e Iran sulla corsa di Netanyahu (la Repubblica, p. 1)

Il quotidiano diretto da Ezio Mauro dedica un ampio reportage al voto in Israele, che si terrà il 17 marzo. Bernardo Valli, da Gerusalemme, ricostruisce la strategia del premier uscente Benjamin Netanyahu, che «ha scommesso tutto sulla sfida a Obama contro il negoziato con l’Iran», mentre i suoi avversari dell’Unione sionista hanno puntato piuttosto sui temi interni a partire da quelli di carattere sociale. Ma «nessuno – chiarisce ancora Valli – parla del conflitto con i palestinesi».

6) Ipocrisie “democratiche”. Da razzista a icona: Tosi il nuovo Fini (il Giornale, p. 1)

Un articolo di Paolo Bracalini paragona il sindaco di Verona all’ex presidente della Camera, affermando che «dopo il litigio con Salvini, Tosi è diventato l’idolo della sinistra». Il giornalista si sofferma sulle partecipazioni televisive di Tosi, da Gad Lerner a Lilli Gruber, e prosegue parlando del suo ingresso «nei salotti buoni» per sostenere che la sinistra gli sta costruendo intorno «un’aura di eroismo e martirio per essersi ribellato al despota di turno nel centrodestra».

7) «Europa e Onu difendono tutti, tranne i cristiani stremati» (il Giornale, p. 13)

Fausto Biloslavo intervista monsignor Shlemon Warduni, vescovo di Bagdad. «L’Occidente inizia le guerre e le scorda presto. Parla tanto di principi e diritti, poi dà passaporti solo ai musulmani», dice il vescovo, che chiede: «Cosa fa l’Europa per i cristiani cacciati dalle proprie case?».

8) Le nove bufale sulla sentenza (Libero, p. 1)

Filippo Facci interviene sul tema dell’assoluzione di Silvio Berlusconi al processo Ruby e mette in fila le principali «obiezioni di chi non s’arrende all’evidenza». Obiezioni che «sono tante e colorate». Si va da “Ad Arcore c’era prostituzione, l’ha ammesso anche l’avvocato Coppi” a “La Cassazione ha salvato Berlusconi”, fino a “Processo politico? La prostituzione minorile è frutto di due leggi fatte da due sue ministre”. E poi, ancora: “L’ha fatta franca solo grazie alla Legge Severino”; “Comunque è evidente che il processo si doveva fare”; “Berlusconi non poteva non sapere che Ruby era minorenne”; “L’inchiesta è costata meno di qualunque altra su fatti simili”; “È ridicolo, come hanno potuto dire che era la nipote di Mubarak?”; “Il presidente della Corte d’Appello non a caso si era dimesso”. Obiezioni che Facci smonta punto per punto.

9) Siri: «La flat tax non è una favoletta. Meno tasse per liberare gli italiani» (Il Tempo, p. 8)

Il responsabile del programma economico di Matteo Salvini, Armando Siri, spiega come funziona l’aliquota unica al 15% e come trovare le coperture. «In Italia il sommerso ammonta a 400 miliardi di euro, un terzo del Pil. Oggi il sistema fiscale è troppo esoso: estorce quasi il 70% dei frutti del lavoro di artigiani, commercianti, professionisti, imprenditori. Molti di essi sopravvivono solo grazie al lavoro nero. Con una aliquota più giusta e sanzioni molto più severe e davvero applicate – sottolinea Siri – il sommerso calerebbe almeno del 40%, vale a dire 160 miliardi di base imponibile da tassare al 15%, cioè 20 miliardi di gettito».

10) Diavolo d’un Occidente (Il Foglio, p. 1)

Il quotidiano diretto da Claudio Cerasa offre una «anticipazione fogliante» del libro del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Nello stralcio del saggio, spiega Il Foglio, si leggono «parole chiare su gender, aborto, eutanasia, relativismo: la crisi della postmodernità occidentale – è ancora il commento del quotidiano – vista dalla battagliera chiesa d’Africa»

Commenti