F35: voli interdetti vicino ai temporali, i fulmini ne provocano l’esplosione

27 Mar 2015 16:21 - di Redazione

Nuova tegola sui caccia bombardieri F35. Il ministero della Difesa Britannico ne ha interdetto il volo a 29 miglia, circa 40 chilometri, dai temporali e dalle tempeste, in quanto rischiano di esplodere se raggiunti da un fulmine sulla carlinga. E’ quanto rivela il sito internet del Daily Mail, che gioca sul nome di battaglia dell’aereo da guerra: si chiama “Lightning“, che in inglese vuol dire proprio fulmine. Il Regno Unito ha ordinato 14 esemplari dell’aereo per rimpiazzare gli Harrier sui ponti delle sue nuove portaerei. Ma il ministero della Difesa britannico ha detto che ci sono «ancora problemi» ed ha emesso il divieto di volo in caso di temporale.
Una questione di non poco conto che ora investe anche l’Italia, la cui flotta aerea militare è stata funestata, nel corso degli anni, da numerosi e mortali incidenti, sugli F104, poi sugli Amx.
L’Italia ha acquistato al momento otto caccia F35. In produzione ce ne sono sei ed il primo esemplare – chiamato AL-1 – è stato in pratica già  completato e sarà  consegnato entro la fine dell’anno all’Aeronautica Militare.
Il punto sullo stato dell’arte del discusso programma Joint Strike Fighter è stato fatto nelle scorse settimane dalla Rivista italiana difesa che ha spiegato come avverrà il dispiegamento del caccia.

L’Italia ha acquistato 8 caccia F35, ma ne prenderà 90 in tutto

La prima base operativa con l’F-35 sarà Amendola, la seconda Grottaglie, sempre in Puglia, che dovrebbe ricevere il primo aereo nel 2018. Poi sarà la volta della portaerei Cavour, che
riceverà il modello a decollo verticale ed infine toccherà a Ghedi, la base in provincia di Brescia.
La produzione dei caccia è in corso nello stabilimento novarese di Cameri, una replica, su scala ridotta, di quello Lockheed Martin di Fort Worth, in Texas.
Cameri
è stata dimensionata per produrre a regime 2 aerei il mese, mentre per Fort Worth si parla di 22 velivoli al mese. Lo stabilimento produrrà anche le ali del caccia – a regime si parla di 6 ali al mese – e la consegna della prima ala, destinata ad un F-35A dell’aviazione Usa, è prevista entro fine marzo.
Il programma coinvolge una sessantina di imprese italiane – nella maggioranza piccole e medie imprese – e ad oggi ha garantito, secondo Rid, 1,5 miliardi di dollari di ritorni, già  contrattualizzati. Il piano di partecipazione industriale di Lockheed Martin e Pratt & Whitney indica stime di ritorno industriale pari a circa 14,5 miliardi di dollari per la sola fase di sviluppo e produzione.
Degli 1,5 miliardi di dollari, il 78 per cento è andato a Finmeccanica, in particolare ad Alenia Aermacchi, ed il resto ad un’altra quarantina di aziende. Attualmente al programma lavorano in
Italia 1.200 persone, l’80 per cento di Finmeccanica, delle quali oltre 700 a Cameri, il cui stabilimento è stato dimensionato per garantire la produzione di circa 200 velivoli ma gli impegni di oggi parlano di 127 aerei: 90 italiani più 37 olandesi ma ancora non ci sono contratti scritti. Ne mancano una settantina per raggiungere l’obiettivo che Finmeccanica si è data per questo è in corso un incessante pressing per convincere gli altri paesi, in primis la Norvegia a produrre propri aerei a Cameri».

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