Sanremo è meno “intellettuale” senza Fazio. Meglio così, non ci si annoia

12 Feb 2015 13:00 - di Alberto Pezzini

La polemica al Festival di Sanremo s’ha da trovare. E’ sempre stata questa, la legge del taglione o del carrozzone, quella per cui qualcosa di cui sparlare bisogna pur sempre cercare, e trovare. Se girate per Sanremo, e chiedete, nessuno guarda il Festival. È sempre stato qualcosa di troppo poco chic da guardare: nei bar, nelle palestre, nei negozi (insomma nei luoghi che contano) tutti a dirsi che non lo guardano di certo. Sono tutti radical chic in sonno. Poi, alla sera, chiusi nelle loro case, non c’è un sanremese che non si metta davanti alla tv. E allora? C’è da fare polemica su uno come Pintus, così come hanno scritto da qualche parte? Un comico sconosciuto ai più (vero), dalle battute che fanno davvero fatica ad accendersi ma capace di conquistare l’Ariston (chi dice che non lo applaudivano poi dov’era?) con il confronto italiani “0” francesi “2”, al quale noi del confine siamo abituati da quando beviamo il latte e guardiamo le Isole Porquerolles stagliarsi all’orizzonte nei giorni di nitore atmosferico.

Anche Biagio Antonacci s’è invecchiato

Certo, non ci possiamo fare niente se Biagio Antonacci sembra invecchiato di un secolo: comunque il suo omaggio a Pino Daniele ci regala per un attimo quella canzone e quel cantante che tutto il mondo ci ha invidiato. E quelli che continuano a ironizzare sulle vallette ? Emma che fa le gaffe, Arisa che finalmente indossa un reggiseno e Rocio è forse una delle vallette più pulite e semplici che il Festival abbia mai visto. Ha la stessa bellezza di una donna di Modigliani, anzi tutta la sua figura, allungata come un cigno, sembra un dipinto di Modigliani. E chi lo dice che il suo legame con Bova sia l’unico fattore per cui qualcuno la conosca in Italia? E poi dovremmo rimpiangere una come Belen con farfalline nello stacco inguinale, labbra ritoccate ed un destino votato alla rottamazione per sovraesposizione mediatica? Ma dai. Carlo Conti è l’ideatore ed il comandante di un Festival stringato, che viaggia liscio come l’olio, senza fermate inutili e senza pseudo intellettualismi.

Nel segno di Pippo Baudo

La sua conduzione non è soltanto professionale ma è la ricerca di uno spettacolo nazionalpopolare, come era il Festival di Pippo Baudo, colui che coniò l’espressione negli anni passati e che faceva di Sanremo un prodotto sicuro. Umberto Eco incise la sua fortuna dentro un libretto del 1961, Diario Minimo, in cui il saggio Fenomenologia di Mike Bongiorno ebbe uno straordinario successo perché decantava il presentatore anglofilo come il più bravo di tutti essendo il più mediocre. Preferite uno che si sforza di fare l’intellettuale – come la gran parte dei salotti sanremesi – o come Fazio (che non lo è e resterà per sempre un comico da seconda serata al quale per la prima volta la cultura degli altri offre cachet rivoluzionari) – oppure uno capace di regalarvi qualche ora di svago, facendo in modo che musiche e spettacoli vi facciano dimenticare quanto siano stronzi i francesi?

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