Riina dall’ospedale al carcere per la videoconferenza sulla strage del 904

24 Feb 2015 13:43 - di Eleonora Guerra
riina

Ha suscitato le proteste del suo legale la video-partecipazione di Salvatore Riina all’udienza per il processo sulla strage del treno Rapido 904, di cui è unico imputato. Riina, che è attualmente detenuto presso l’ospedale di Parma per le gravi condizioni di salute in cui versa, per l’occasione è stato riportato in carcere, dove era stata allestita una saletta apposita per il collegamento.

Le proteste dell’avvocato

«Caso unico in Italia, Riina è degente in ospedale, viene prelevato per fare udienza e poi riportato in ospedale», ha lamentato l’avvocato Luca Cianferoni, aggiungendo che «il prigioniero è sacro altrimenti lo Stato diventa peggio di chi persegue». Il legale ha comunque fatto sapere che il suo assistito presenzierà alle prossime udienze, la prima delle quali è stata fissata per il 3 marzo. L’udienza precedente, invece, era stata rinviata proprio per l’impossibilità del boss di partecipare. Riina «versa in gravissime condizioni di salute. La situazione è precipitata nell’ultimo periodo. I medici disperano di salvarlo e dovrà subire presto un difficilissimo intervento chirurgico», ha aggiunto ancora l’avvocato, spiegando che «non ha avuto alcuna ischemia, ma soffre di gravi patologie. È costretto in sedia a rotelle e si muove a fatica».

Una saletta speciale per i collegamenti

Proprio per questo motivo, però, accogliendo una richiesta della difesa, la Corte ha deciso di consentire a Riina di seguire il processo da una speciale cabina del carcere di Parma, attrezzata per persone non deambulanti. «L’imputato Riina è una persona capace dal punto intellettivo, ma la questione è se sia in grado dal punto di vista materiale di seguire il processo», ha detto ancora Cianferoni, con cui Riina durante le udienze potrà comunicare attraverso una speciale postazione telefonica, predisposta per persone in sedia a rotelle.

L’inchiesta sulla strage

Il processo, in cui sono stati sentiti come testimoni anche i collaboratori di giustizia Baldassarre Di Maggio e Giovambattista Ferrante, riguarda l’esplosione di un ordigno sul treno Napoli-Milano, il 23 dicembre 1984, che causò 17 morti e 267 feriti. Per la strage fu già condannato il mafioso Pippo Calò, con sentenza definitiva, in concorso con Guido Cercola e Franco Di Agostino, e con l’artificiere tedesco Friedrich Schaudinn. Indagini, successivamente, hanno stabilito anche il coinvolgimento di Totò Riina, da cui il processo in corso.

 

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