Il Ncd si sfarina e Renzi fa campagna acquisti

7 Feb 2015 14:42 - di Guglielmo Federici

Tanti divorzi, tanti musi lunghi e due linee politiche inconciliabili sul “cosa fare da grandi”: la scialuppa del Nuovo Centrodestra naviga in acque  tumultuose e il retroscena tracciato sul Corriere delle Sera fotografa una situazione di fibrillazione e di dilemmi che preoccupano, certo, il partito di Alfano, ma investono direttamente anche i piani di Renzi. I timori del premier sulla tenuta del Ncd – dove sempre più netta è la divisione tra “governativi”e “parlamentari”- avrà infatti un momento della verità nella parta decisiva che si giocherà a Palazzo Madama, quando si voterà in seconda lettura la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione. Renzi non vuole ostacoli né rischiar inciampi e dunque l’effervescenza della sua “campagna acquisti” di senatori e il suo voler agganciare i cosiddetti “responsabili” , si spiega, secondo il Corriere, proprio nella prospettiva di non poter contare sui voti di un Ncd che potrebbe implodere.

La polveriera Ncd

Un alleato al suo interno litigioso è un rischio per l’esecutivo: non per l’Italicum, dove Renzi gode di una solida maggioranza, ma per la votazione di maggio sulla riforma del Senato. C’è la possibilità che questa “non passi”, «perché il Ncd  (o almeno gran parte del partito) – leggiamo – potrebbe non votarla e Forza Italia ha già lasciato intendere che alla seconda lettura si sfilerà. A Palazzo Chigi calcolano che su 70 parlamentari centristi solo 30 sono sicuramente “governativi”». Pochi dunque, considerando le “emorragie” che fino a maggio potrebbero verificarsi ancora nel partito di Alfano, dove ci sono voci di senatori ncd pronti a tornare in Fi, dunque, all’opposizione». «Anche Lupi e Alfano non marciano più compatti come prima». E allora c’è chi nel partito si chiede: «visto che continuare a portare l’acqua al mulino di Renzi significa condannarsi alla marginalità, tanto vale presentarsi alle prossime elezioni con il Pd», secondo il retroscena.

Ncd, il vero nodo di Renzi

«Nessuno a Palazzo Chigi pensa che Alfano voglia di proposito far cadere il governo , ma riuscire a tenere insieme il partito e, insieme, la coalizione, potrebbe essere difficile». E ad oggi poco probabile. Senza contare l’effetto-domino: se la riforma del Senato non andasse a buon fine, l’Italicum resterebbe a metà: varrebbe per la Camera ma non per il Senato, ponendo il governo Renzi di fonte a scelte scomode: visto che di elezioni a breve termine non se ne parla, a Palazzo Chigi temono «di andare al voto tra un anno, vincendo il premio di maggioranza alla Camera, «ma ritrovandosi obbligato a una nuova alleanza con la destra alla Camera» per poter governare.

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