Italicum, Civati va all’attacco: «Renzi non ha più i numeri»

5 Feb 2015 21:39 - di Redazione

Dopo la “pausa quirinalizia”, si apre una partita tutta nuova sulle riforme. Una partita che Matteo Renzi non può pensare di blindare. Ne sono convinti i parlamentari della minoranza Pd, che alla Camera preparano la loro battaglia. Sulla riforma del Senato così come sulla legge elettorale, le richieste di modifica non cambiano e aumenta l’ottimismo di farle approvare. Una su tutte: rivedere il meccanismo dei 100 capilista bloccati dell’Italicum. Se davvero Forza Italia confermerà la rottura del patto del Nazareno, quella modifica può passare – spiegano i bersaniani – perché i deputati della minoranza dem a favore di quella modifica e pronti a sostenerla “a viso aperto” potrebbero arrivare “fino a un centinaio”. Ma i sostenitori della norma potrebbero anche aumentare, considerato che si voterà a scrutinio segreto.

I dubbi sulla rottura con Forza Italia

«Con o senza Forza Italia le riforme e l’Italicum vanno corrette», scandisce Vannino Chiti. «Non mi fido che il patto con Berlusconi non ci sia più, come San Tommaso», dice Pippo Civati. E non è il solo. Ma le intenzioni di Forza Italia saranno messe alla prova dell’Aula già da martedì prossimo, quando si voterà la riforma del Senato. Difficile che si finisca in settimana, se si considera che solo la Lega ha presentato oltre 800 subemendamenti. Da risolvere ci sono ancora diversi nodi. Alcuni più tecnici, come le correzioni necessarie sul procedimento legislativo e sul riparto di competenze tra Stato e Regioni. Altri prettamente politici. La minoranza Pd chiede infatti di abbassare (da 1/3 a 1/10) il quorum necessario per fare ricorso alla Corte costituzionale per un giudizio preventivo delle leggi elettorali e di estendere la possibilità di quel ricorso anche all’Italicum. Ma chiede anche di scorporare le spese per investimenti dall’obbligo del pareggio di bilancio previsto dall’articolo 81 della Carta. Su questi punti “c’è lo spazio per miglioramenti – dice il deputato Andrea Giorgis – perché nel merito il ministro Boschi ci aveva detto di essere d’accordo, ma che c’era la contrarietà di FI”. Caduto il patto, traggono le conseguenze i deputati della minoranza, si può cambiare. Ma anche se gli azzurri dovessero in extremis restare in partita, c’è ottimismo che ci sia spazio per modifiche al ddl costituzionale. Altra partita si giocherà poi sull’Italicum che sarà esaminato alla Camera dopo il ddl costituzionale: il governo stima di poterlo approvare entro aprile e vuole approvarlo senza modifiche. Se Renzi sceglierà di ripartire dal Pd, è il messaggio della minoranza, avrà i numeri per approvare i provvedimenti alla Camera e al Senato. Anche perché al momento si ha la sensazione, dice Civati, che “i famosi numeri si faticano a trovare”.

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