Il voto di Atene lo insegna: la rivoluzione liberale non può attendere

26 Gen 2015 17:56 - di Desiree Ragazzi

«Viva la democrazia. Questa è la prima cosa che va proclamata. La scelta del popolo greco ha una forza dirompente perché si è espressa secondo l’idea di libertà che sta alla base del patto tra le nazioni che ha dato vita all’Europa e le dà consistenza». Lo scrive Il Mattinale (www.ilmattinale.it), la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati.

Quale sarà il “no” italiano all’austerità tedesca

«Se si pensa che tanto può un Paese che pesa nei conteggi della macroeconomia come una regione italiana, ci rendiamo conto ancora meglio delle imperdonabili colpe di Giorgio Napolitano. Re Giorgio sospendendo la democrazia ha privato di cuore, polmoni e attributi il nostro Stato nel far valere il sentimento e la volontà del nostro popolo. I premier scelti senza mandato elettorale hanno mano fiacca e voce tremula. Questo è l’enorme danno fatto da Napolitano all’Italia a partire dal 2011». Il primato della sovranità popolare, si legge ancora, «deve impedire che in Italia la scelta del Capo dello Stato e le opzioni politiche sul tappeto siano sbilanciate verso i contenuti politici del programma di Syriza. Tsipras infatti reagisce all’austerità con la pretesa post-sovietica di riscoprire il socialismo reale. Tassa patrimoniale, statalizzazione universale. Esattamente il contrario della rivoluzione liberale di cui l’Italia ha bisogno. Per questo è importante che l’elezione del Capo dello Stato segni un periodo di pacificazione democratica e operosa, assecondi la dinamica del Nazareno». Si legge ancora nel Mattinale: «Noi chiediamo che il Quirinale abbia un garante che esprima una chiara opzione di stampo liberale e riformista, piuttosto che conservatore e statalista. Perché adesso di questo si tratta. Quale cioè debba essere il “no” italiano all’austerità tedesca. Se nella forma para-comunista di Tsipras o in quella liberale che sottende le intenzioni migliori della legge elettorale e della riforma costituzionale modernizzatrice. Per questo non accetteremo che si ripeta il gioco fin qui troppo spesso esercitato da Renzi. Il quale quando ci sono in ballo scelte forti, rivendica “il diritto di dare le carte”. Di solito sono due: una pessima, l’altra un po’ meno pessima. E poi dice: prendere o lasciare. Così non va. E se non dovesse dare garanzie di avallare un vero riformismo e un garantismo, non diciamo a 24 ma almeno a 18 carati, non ci stiamo, non berremo la cicuta sventolando fazzoletti bianchi. Siamo centrali. Non per collocazione geografica, ma per forza politica e ideale».

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