Uguaglianza e Fratellanza: e se fosse proprio questo il problema?

12 Gen 2015 13:00 - di Mario Aldo Stilton

Uguaglianza e fratellanza. Ma se il problema fossero proprio Egalité e Fraternité? Queste bufale che da oltre due secoli i nostri presuntuosi cugini francesi regalano al mondo sono a ben vedere uno dei problemi emersi con le stragi che hanno insanguinato Parigi. Un problema che non riguarda certo Schengen e la libera circolazione degli individui, come vorrebbero invece oggi farci credere lo scialbissimo Hollande e la compagnia di giro che ha messo in piedi. Ma che è  culturale. Ed  è proprio racchiuso in queste due paroline che fa tanto chic pronunciare, che sono così carine, che suonano così bene: Egalité e fraternité, appunto. Perché la prima, la libertà, quella la vogliono e la rivendicano naturalmente tutti. Ad ogni latitudine e sotto ogni bandiera.

Cresciuti coi sacri principi

Ci hanno intortato alla grande con la voglia di uguaglianza e fratellanza; ci hanno foderato gli occhi col desiderio di uguaglianza e fratellanza; ci hanno tappato le orecchie col bisogno di uguaglianza e fratellanza e, infine, ci hanno legato le mani con la ricerca spasmodica di uguaglianza e fratellanza. Tutti uguali, tutti fratelli. Come i due Koulachi, come pure Coulibaly. Che i fratelli li avevano trovati sotto altre insegne. Loro, appunto, che erano francesi, non extracomunitari, che erano nati, coccolati e cresciuti con i sacri principi all’ombra della Marianna e non erano arrivati via mare magari sfuggendo alle lande del deserto sub saariano. Altro che uguali e fratelli, erano. Avrebbero dovuto sentirsi a tutto diritto figli della rivoluzione. Figli di quella cultura, degli immortali principii. Che, però, ad un tratto hanno ripudiato. Rigettato. Trovato repellenti e respinto. Perché forse suonava di latta, fasulla; perché prometteva sempre tanto e non dava mai nulla.

Gheddafi e Dada

Uguaglianza davanti alla legge. Uguaglianza davanti a Dio, per chi ci crede. Ma poi? Dove é stata e dove sarà mai questa uguaglianza? Tutta e solo retorica. Tutta pappina per allocchi e per quanti si inebriano nel sentirsi “tutti uguali, tutti fratelli“. Certo. Come, ad esempio, fratello Mu’ammar Gheddafi, madato all’altro mondo senza spiegazioni dopo averne incamerato per anni i denari, fiumi di denari.  Oppure come, in precedenza, quell’altro fratello, Idi Amin Dada, quello che regalava diamanti ai rappresentanti della Grandeur mentre teneva in frigo teneri bimbi squartati. Uguaglianza. Uguaglianza e fratellanza urlate a squarcia gola dal milione in piazza. Ovviamente. E da tutti quei simpaticoni in prima fila. Capi di Stato e di Governo, stretti sottobraccio l’un l’altro. Che ad osservarli un poco li si poteva notare assai più tronfi che coinvolti. Gente, quella, che l’ha capito bene cos’è l’uguaglianza. Che erano così veri e così uguali. Soprattutto quando si scrutavano di soppiatto: che un Ak47 avrebbe fatto meno impressione.

 

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