No Tav, inizia il processo a Erri De Luca. Lui fa la star e firma autografi…

28 Gen 2015 11:49 - di Paolo Lami

Sono stati denunciati per resistenza aggravata, danneggiamento aggravato, interruzione di pubblico servizio e accensioni pericolose i tre attivisti No Tav, due donne, di 22 e 34 anni, e un uomo di 60 anni, fermati dalle forze dell’ordine nella zona di Bussoleno dopo un lancio di sassi e fumogeni contro le forze dell’ordine schierate a difesa dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia. I tre erano stati fermati ieri dopo i violenti scontri esplosi in seguito alla lettura della sentenza che aveva comminato 47 condanne, sei assoluzioni e quasi centocinquanta anni di carcere a conclusione del maxi-processo, nell’aula bunker delle Vallette per i tumulti divampati in Val di Susa nell’estate del 2011.
Due le giornate al vaglio dei giudici: quella del 27 giugno, quando le forze dell’ordine, facendosi strada tra una fitta sassaiola, sgomberarono con le ruspe e i lacrimogeni il vasto presidio allestito dai No Tav nella zona dove attualmente sorge il cantiere di Chiomonte e quella del 3 luglio quando, durante una manifestazione con decine di migliaia di partecipanti, i No Tav scatenarono il primo degli assalti alle recinzioni.

L’ex-Br che rapì un sindacalista Cisnal stregato dai No Tav

Le condanne hanno scatenato l’inferno: nel volgere di alcuni minuti i No Tav hanno completamente ostruito per protesta l’accesso alla tangenziale di Torino, proprio nei pressi del carcere delle Vallette. Più tardi è arrivato anche il blocco della statale 24 dell’Autostrada del Frejus in Val di Susa all’altezza di Bussoleno: dove, appunto, sono stati fermati i tre ora denunciati.
Dopo anni di violenze, danneggiamenti e contestazioni al limite dell’eversione sembra che ora la magistratura abbia deciso un giro di vite. Nel caso dei 47 condannati si va dalle semplici multe a 250 euro fino ai quattro anni e sei mesi inflitti a due imputati. Fra loro c’è l’ex militante delle Brigate Rosse Paolo Maurizio Ferrari, mai dissociato e quindi soprannominato l’ultimo degli irriducibili, che ha scontato trent’anni di carcere ed è stato accusato, fra l’altro, del sequestro del sindacalista della Cisnal, Bruno Labate. E una volta messo piede fuori si è invaghito dei teoremi No Tav partecipando fin troppo attivamente alle incursioni in Val di Susa e ai danneggiamenti al cantiere, ai mezzi, alle intimidazioni alle maestranze costrette a vivere e a lavorare nel terrore. Molte delle condanne agli altri No Tav superano i tre anni di carcere. E, a questo, vanno ad aggiungersi le cosiddette “provvisionali”, indennizi e acconti alle parti civili. In tutto più di 150.000 euro che i No Tav condannati dovranno versare al ministero dell’Interno risarcito con la cifra record di oltre 50 mila euro, al ministero della Difesa e al ministero dell’Economia, ai sindacati di polizia, ad oltre centocinquanta agenti, e alla società Ltf che si occupa della Torino-Lione.

I teoremi di Erri De Luca sulla Tav: inutile e pericolosa

Ma, nonostante le condanne e gli arresti, un gruppo di No Tav si è autoconvocato in presidio stamattina a Torino davanti al Palazzo di Giustizia di Torino in occasione dell’apertura del processo a Erri De Luca, lo scrittore accusato di istigazione a delinquere per avere strenuamente difeso, nel corso di un paio di interviste, la pratica dei sabotaggi al Tav. I No Tav  distribuiscono copie di “La parola contraria“, il libro, edito da Feltrinelli, in cui Erri De Luca ribadisce le sue prese di posizione, in particolare il teorema che il sabotaggio è l’unica altenativa per impedire la costruzione della tratta Alta Velocità. E lui firma autografi.
Secondo De Luca, la Tav non va fatta perché, costruendola, si risparmierebbe solo un’ora sulla tratta Torino-Lione. Inoltre, sostiene lo scrittore, «non risponde a una richiesta di mercato: la linea esistente è utilizzata solo al 17 per cento delle sue possibilità». Infine, l’ultimo motivo: i lavori perforano rocce cariche di amianto e di pechblenda, un materiale radioattivo più conosciuto come uraninite, il principale minerale dell’uranio.
«Più democratica e civile della lotta dei No Tav non ne conosco – ha sostenuto lo scrittore prima dell’apertura del processo mentre firmava autografi e copie del suo libro – Vorrei sapere se ho davvero istigato qualcuno, e chi».
«Come Procura abbiamo il dovere di verificare se certi casi debbano essere sottoposti al vaglio di un giudice. E in questo caso riteniamo di sì – ha detto il pm Andrea Beconi nel suo intervento all’apertura del processo – Questo reato è discutibile e si presta a strumentalizzazioni, ma nell’ordinamento esiste e dobbiamo farci i conti».

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