Cento italiani simpatizzanti dell’Isis combattono sui “social”

16 Gen 2015 20:30 - di Paolo Lami

Un centinaio di jihadisti che vivono regolarmente in e puntano ad accreditarsi di fronte ad Al Qaeda aprendo blog e gruppi social. E intanto il Califfato li monitora per arruolare non solo soldati, ma anche esperti laureati. Ma nel nostro Paese – come emerge da un’inchiesta, il cui testo integrale è pubblicato su Ansa.it – l’identikit jihadista ha tanti nomi e poche certezze. L’Intelligence è focalizzata su una lista di cento nomi, in maggioranza magrebini di seconda generazione già inseriti nel contesto italiano, residenti soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e Lazio. Di questi, una decina sono donne. Si tratta di persone abbastanza conosciute negli ambienti investigativi, apertamente favorevoli alla Guerra Santa. Una rete di forum e blog in nome del salafismo estremo.
“Hanno aperto blog personali e stabilito contatti con altri utenti europei di spicco dell’estremismo islamico, come i curatori di “4Sharia” in varie nazioni o i frequentatori di “Ansar al-Mujahideen English”. Non formano una vera comunità, l’unico legame sono le convinzioni più estreme del salafismo, collante per potenziali terroristi, differenti dai più avanzati jihadisti di Londra, Parigi, Belgio, Germania. E in attesa di una terza generazione anche qui. Il tutto sotto l’occhio vigile dell’Isis. Come succedeva già nel Medio Oriente, le giovani leve vengono monitorate dai talent scout del terrore, per assoldare i migliori. Lo Stato Islamico cerca nella rete anche studenti universitari, ingegneri e medici con tendenze estremiste, cominciando a dialogare con loro. Il pericolo è concreto: sono centinaia gli utenti che dall’Italia accedono ai forum  Shumukh, Ansar al-Mujahideen, al-Qimmah e Ansaral-Mujahideen.

Aldilà della rete, il problema è anche focalizzato su quelle figure di raccordo con le organizzazioni. Pur essendo ancora in pochi, in Italia esistono “facilitatori” che hanno legami con i gruppi terroristicie possono agevolare le rotte verso altri Paesi e gli scambi di informazioni.
Un allarme è stato lanciato – secondo alcune fonti – dai servizi segreti tunisini che descrivono il paese come un buco nero dal quale è possibile imbarcarsi verso la Turchia per la Siria> ed altre zone di guerra e fare ritorno, passando inosservati. A questo si aggiungono i particolari legami degli estremisti gruppo salafita con tendenze jihadiste che dopo la caduta di Ben Ali ha acquisito un grosso seguito…

Da viale Jenner a Ostia gli avamposti dell’Isis

Tutto risale ai primi anni del duemila, quando alcuni tunisini furono arrestati e poi espulsi verso le carceri tunisine all’epoca di Ben Ali. Dopo la caduta del regime, molti di loro hanno mantenuto i contatti con l’Italia e potrebbero sfruttarne appoggi logistici. Così come l’Algeria, altro Paese su cui si focalizzano i flussi sotto questo aspetto.
 Una porta alternativa, già da qualche anno, sono anche i Balcani, Albania e b>Kosovo. In tutto questo traffico gli ambienti di alcune moschee sembrano aver perso la loro peculiarità ormai da tempo. Restano comunque situazioni delicate come quella di viale Jenner a Milano, sul litorale romano, con una forte presenza di egiziani e di Fratelli mussulmani reduci della primavera araba.

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