Bettino Craxi 15 anni dopo: un protagonista della storia d’Italia

19 Gen 2015 10:59 - di Mario Aldo Stilton

La politica è fatta di parole. Tante parole. E Bettino Craxi era uno che le sapeva usare, le parole. Le scandiva. Con quelle pause studiate, di cui chiaramente si compiaceva. E’ stato tanto Craxi. Per quasi un ventennio. Che per l’Italia è sempre un’unità di misura. Un leader politico, uno statista, un campione dell’autonomia socialista e, infine, un criminale, un fuggiasco, il capo di un gruppo di malfattori. E’ stato Alfa e Omega Craxi, che per l’appunto è la nostra dannazione. La nostra Storia. Dapprima sull’altare: riverito, osannato, idolatrato. Poi, nella polvere: schernito, dileggiato, inseguito da un mandato di cattura. E’ morto ad Hammamet (nella foto di Nicola Sanese la sua tomba), nel limitare del deserto tunisino. In quella parte di deserto che lambisce la spiaggia. Che è lo stesso solcato da tanti disperati. E’ morto in esilio per i suoi. In contumacia per gli altri. 15 anni fa. Che era un’altra stagione politica. Sognando un ritorno impossibile. Combattivo e indomabile, come un purosangue sanfratellano, sino alla fine.

Ha sedotto e diviso il Paese

15 anni che sono tanti, ma non ancora abbastanza da consentire giudizi sereni, distaccati. Perchè Bettino Craxi, ha diviso l’Italia dopo averla sedotta e posseduta. E non c’è dubbio che sia stato un capo. E che si sia assunto responsabilità da altri sempre scansate. In un’Italia ostaggio dei Peppone e dei Don Camillo aveva scommesso sull’egemonia minoritaria. E, incredibilmente, aveva vinto. Con tanto di nani e ballerine al seguito. E con un gruppo che sembrava compatto, ma che poi si è squagliato. Sciolto. Tanto che fa un po’ senso vedere oggi un fedele esecutore d’allora, quell’intelligenza celebrata sopraffina e sparita alle prime avvisaglie del disastro, addirittura in lizza per il trono del Quirinale. Segno che l’Italia è sempre la stessa, che quel che accade è sempre accaduto. Era piaciuto anche ad alcuni di noi, quel Craxi. O forse a molti. Difficile dirlo. Complice quel socialismo tricolore che così tanto si avvicinava all’idea di Nazione e quella schiena dritta dinnanzi allo Zio Sam. E fors’anche a qualche irriverente vignetta di Forattini. Noi che la nozione di Capo l’abbiamo nel sangue: un virus che il sostantivo democrazia non è riuscito a debellare del tutto.

La sua difesa puntigliosa

Perciò alcuni fotogrammi scorrono oggi nella nostra mente. Nitidi. Come l’ultimo intervento alla Camera. E le pause, che sembrarono un po’ meno studiate. In quell’aula che ne aveva decretato i trionfi e che ne ascoltava, in un silenzio spettrale, la difesa puntigliosa. Con quella richiesta di assunzione di responsabilità collettiva. Un’aula che dev’essergli apparsa parecchio sorda e altrettanto grigia. Specchio di un Paese che l’ipocrisia la ingurgita dalla nascita. Cosicchè lui, Craxi, il “cinghialone” se ne stava lì ritto a dire quel che tutti sapevano da sempre, ma che nessuno avrebbe mai osato ammettere. Certo, era all’angolo. Era stato colpito politicamente da una serie di iniziative giudiziarie che mai avrebbe creduto potessero verificarsi. Ma l’ha fatto. E siccome, ci hanno insegnato che si può riscattare non un singolo episodio, ma addirittura una vita intera di miserie con un semplice atto di coraggio o di onestà, è giusto riconoscere che Bettino Craxi quel sussulto l’ebbe. Magari in ritardo. Ma l’ebbe.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *