3 gennaio 1925: 90 anni fa lo storico discorso di Mussolini su Matteotti

3 Gen 2015 17:08 - di Antonio Pannullo

Il 3 gennaio 1925 è ricordato come il giorno in cui il fascismo divenne dittatura. Ovviamente non è così. Il celebre discorso che Mussolini tenne alla Camera assumendo su di sé la piena responsabilità dell’omicidio Matteotti, del quale era del tutto all’oscuro, come tre processi dimostrarono, andava in verità in senso contrario, ossia verso una pacificazione nazionale che era ancora ben lungi dall’essere compiuta. L’anno precedente, il 1924, la lista fascista, contrapposta a quella delle sinistre, aveva stravinto le elezioni con il 64 per cento dei voti. Il deputato socialista Giacomo Matteotti aveva messo in dubbio la legittimità di quelle elezioni, per i disordini che ne avevano contraddistinto la campagna elettorale. Tali disordini, secondo i socialisti, avevano favorito il fascismo anziché il contrario. I socialcomunisti però non potevano certo aver dimenticato il famigerato “biennio rosso”, quando la prevaricazione e la violenza erano le uniche armi dei comunisti. Nel 1924 il clima era cambiato di poco, come lo stesso Mussolini ricordò, dati alla mano, in quel discorso di 90 anni fa. Undici fascisti uccisi da avversari politici, migliaia i feriti, violenze continue, certo, da entrambe le parti.

Il deputato fu sepolto in fretta e furia

E poi il gravissimo omicidio del deputato Matteotti, che fu sequestrato e ucciso il 10 giugno 1924 da fascisti della polizia politica. Secondo ciò che emerse dai processi, Matteotti, deputato alla sua terza legislatura, fu rapito e trascinato su un’auto, e mentre si divincolava per liberarsi, uno dei fascisti lo accoltellò sotto l’ascella e al torace provocandone la morte. Poi ne seppellirono il corpo in fretta e furia in un bosco in comune di Riano, a pochi chilometri da Roma. Per scavare la fossa utilizzarono il cric dell’auto, e nel processo l’avvocato difensore Roberto Farinacci interpretò questa circostanza come una chiara mancanza di premeditazione: infatti, se avessero programmato l’omicidio, avrebbero almeno portato una pala. E in effetti gli assassini furono condannati per omicidio preterintenzionale. Mussolini, informato dell’omicidio l’11 giugno, interpretò subito lo sdegno e la commozione del governo e del parlamento. Il corpo di Matteotti fu ritrovato per caso da un uomo con un cane il 16 agosto. Mussolini ordinò a Federzoni, ministro dell’Interno, di far celebrare i funerali di Stato a Fratta Polesine, paese del quale il deputato socialista era originario. Quello che successe dopo è storia nota: l’Aventino, ossia l’uscita dell’opposizione dall’aula, i mesi di violente tensioni di piazza, le riforme fasciste tra cui, pensate un po’, quella sull’obbligo per i giornali di avere un direttore responsabile.

Il barbaro assassinio di Armando Casalini per mano comunista

Meno nota, naturalmente, è la vicenda del deputato fascista Armando Casalini (alla sua prima legislatura), nel settembre di quell’anno: un carpentiere comunista, al grido di «Vendetta per Matteotti!» lo assassinò sul tram con tre colpi di pistola davanti agli occhi della figlia piccola. Ma questo episodio non è mai stato riportato dalle cronache antifasciste né oggi lo si ricorda. Comunque, Mussolini ritenne che era il momento di prendere posizione chiaramente su quanto avvenuto in Italia dalla presa del potere del fascismo in poi. Si tratta di uno dei più importanti discorsi di Mussolini e dei più significativi dal punto di vista politico. Il duce del fascismo inizia sfidando i parlamentari ad applicare l’articolo 47 dello Statuto albertino, quello che riguarda la messa in stato d’accusa dei ministri; successivamente respinge le accuse di aver fondato una specie di Ceka, una polizia segreta, che si occupasse dei suoi avversari politici, come aveva fatto Stalin nel paradiso dei lavoratori. Mussolini spiega inoltre come sia assurda l’accusa di aver fatto addirittura uccidere un deputato verso il quale nutriva della stima, posizione che poi è condivisa oggi da tutti gli storici: Mussolini non ne seppe mai nulla. Nel suo intervento il capo del governo insiste molto sulla sua continua opera di pacificazione sociale e nazionale, e dei tumulti che le sinistre scatenavano continuamente, dei quali si è già detto. Se la prese poi con i secessionisti dell’Aventino che, con scelta irresponsabile e anticostituzionale, di fatto diedero il via a torbidi sanguinosi, e con l’iniqua campagna stampa contro il fascismo, fatta di fango e menzogne, che avvelenava l’Italia. E alla fine agì da vero leader, prendendosi per intero la responsabilità di quanto accaduto in Italia sino a quel momento: «Se il fascismo è un’associazione a delinquere, io sono il capo di quest’associazione a delinquere», disse tra l’altro. Un capo che si prende le sue responsabilità, in Italia: sono novant’anni che non accade più.

Tesi alternative non molto convincenti

Per quanto riguarda l’omicidio Matteotti, molte sono state le tesi alternative proposte negli anni successivi: dalla faida all’interno del Partito socialista (nel 1922 Matteotti fu espulso dal partito), ai legami i alcuni degli assassini con la massoneria, alla storia, mai chiarita, della Sinclair Oil, una compagnia petrolifera statunitense che sarebbe entrata nella vicenda. A quanto pare, Matteotti nella borsa che gli fu sequestrata dopo il rapimento, aveva dei documenti relativi alla compagnia petrolifera. Ma questi documenti erano tra quelli che furono a loro volta sequestrati e inventariati dai partigiani a Dongo, quando fu catturato Mussolini. Di questi documenti, poi, si persero le tracce. È chiaro che se in essi vi fosse stato qualcosa di lontanamente compromettente per il fascismo o per Mussolini, sarebbero stati pubblicati con ampissima evidenza. Invece di essi si persero le tracce. Insomma, Mussolini con il delitto Matteotti non c’entrava nulla: e lo dissero persino Croce, Giolitti ed Einaudi

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