Nuova umiliazione dall’India, la Corte Suprema respinge le richieste dei marò

16 Dic 2014 9:51 - di Livia De Santis
Girone

L’India continua ad umiliare l’Italia. La Corte Suprema non ha accolto le istanze presentate dai marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, volte a una attenuazione della libertà provvisoria permettendo, nel primo caso, un prolungamento della permanenza in Italia e, nel secondo, un rientro in Puglia per le festività natalizie. Le “petition” dei due marò sono state illustrate dall’avvocato Soli Sorabjee, accompagnato da K.T.S. Tulsi, ad un tribunale di tre giudici presieduto dal presidente della stessa Corte, H.L.Dattu. Quest’ultimo ha fin dall’inizio assunto un atteggiamento visibilmente in disaccordo con le richieste, formulando nei loro confronti numerose obiezioni.

Il dibattito nel tribunale indiano

In un breve intervento, il magistrato che rappresentava il governo aveva manifestato la sua non contrarietà a concedere una estensione della permanenza in Italia per Latorre. L’istanza di Girone, per un rientro in famiglia per un periodo di tre mesi, anche in occasione delle vacanze natalizie, è stata poco dibattuta, mentre quasi tutto il tempo, circa trenta minuti, del dibattito concesso si è incentrato sui quattro mesi chiesti da Latorre per continuare il suo percorso terapeutico e sottoporsi l’8 gennaio a un intervento cardiaco. Il presidente della Corte ha ascoltato la difesa ma poi, dopo aver discusso anche con i giudici a latere, ha eccepito su vari punti della richiesta, sorprendendosi fra l’altro che in essa fosse sollevato anche il problema della giurisdizione. «Allorché le indagini non si sono concluse e i capi d’accusa non sono stati presentati – ha osservato – come posso io concedere l’autorizzazione agli imputati? Sarebbe bene, ha aggiunto, che tutti gli sforzi fossero concentrati sulla chiusura della fase istruttoria del processo». Dattu ha quindi chiesto il rispetto del sistema legale indiano perché, ha arguito, «se concedessi questo ai due richiedenti, dovrei farlo anche per tutti gli imputati indiani». E poi, ha concluso, «anche le vittime hanno i loro diritti».

Il centrodestra all’attacco

«Abbiamo evitato critiche e polemiche da mesi su invito del governo – ha osservato il senatore di Forza Italia, Maurizio  Gasparri – per non ostacolare il rientro di tutti e due i marò in Italia. E ora registriamo l’ennesima umiliazione dell’Italia con un’ulteriore decisione negativa dell’India. Invece di illudere gli affaristi parlando di Olimpiadi, Renzi si occupi dei nostri fucilieri di Marina. Anche questa volta il governo ha ingannato le aspettative delle famiglie e della pubblica opinione». Renzi e co., ha aggiunto Gasparri, «si sono dimostrati una volta di più inetti, indifferenti alla tutela della dignità nazionale e della sicurezza dei nostri militari. Quanto accade è una vergogna assoluta. Meno bugie sulle Olimpiadi e più dignità per i marò. Certi della incapacità totale di persone come Renzi, mi auguro che sia il Capo dello Stato nella cerimonia al Quirinale a dare voce all’indignazione dell’Italia intera. Per quanto ci riguarda chiediamo subito il governo in Parlamento su questa drammatica emergenza. La nostra buona fede è stata tradita. Non c’è più tregua sul tema». Per Giorgia Meloni, il presidente di Fratelli d’Italia: «Dopo quasi tre anni di detenzione illecita e violazione del diritto internazionale l’India respinge le istanze di Latorre e Girone. Ecco in cosa consiste il famoso “dialogo costruttivo” dei governi Monti, Letta e Renzi tra ltalia e India sul caso marò: farsi deridere da Nuova Delhi mentre Ue Nato e Onu fanno finta di niente. Che vergogna». Il tema è arrivato subito nell’aula della Camera, dove il presidente della commissione Difesa di Montecitorio Elio Vito (FI) prima dell’inizio delle comunicazioni del premier sul semestre Ue ha chiesto a Renzi «come intenda tenere alto l’onore dell’Italia e dei nostri marò. Il presidente del Consiglio – ha detto Vito – riceva le commissioni Difesa di Camera e Senato, mentre i ministri della Difesa e degli Esteri verranno in commissione mercoledì alle 8.30». Il premier in grande difficoltà si è limitato a sostenere che sulla vicenda «il governo si impegna a partecipare ai lavori di commissione».

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