La Boldrini come Ponzio Pilato: di Galan se ne lava ancora le mani

16 Dic 2014 15:25 - di Alberto Fraglia

Può un parlamentare agli arresti domiciliari da due mesi, dopo aver patteggiato per l’inchiesta sul Mose, nella quale è accusato di corruzione, essere rimosso dalla carica di presidente della Commissione Cultura della Camera? La risposta è No. Non si può. Lo spiega, facendo appello a tutta una serie di distinguo tra garanzie di ordine costituzionale e motivi di opportunità politica, il presidente Boldrini, rispondendo con una lettera al Corriere della Sera che aveva sollevato la questione. Il soggetto in discussione è l’on. Galan, ex presidente della Regione Veneto e deputato tuttora in carica, coinvolto in uno degli scandali più odiosi che hanno infangato la reputazione del nostro Paese, oltre ad accentuare la sfiducia dei cittadini verso la politica e, nel caso di specie, verso le istituzioni.

Davvero non si può far nulla?

Ma è davvero vero che la Boldrini non possa far nulla? Siamo certi che quell’articolo 54 della Costituzione sia l’unico argine cui ci si possa appellare – come scrive lo stesso presidente  – prevedendo esplicitamente che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”, dal ché si deduce che per risolvere il problema c’è solo una possibilità: che sia lo stesso Galan a dimettersi? La questione, in verità, non è così chiara , come da Montecitorio si vorrebbe far credere. Intanto, qui non si tratta di rimuovere Giancalo Galan da parlamentare. La Costituzione effettivamente non prevede la possibilità di rimuovere un parlamentare dalla sua carica ai fini di tutelarne la libertà di mandato, tranne il caso in cui intervenga una sentenza di condanna definitiva. E questo non è il caso di Galan.

Atteggiamento pilatesco

La questione della permanenza o meno nella carica di presidente di Commissione è, però, materia di natura squisitamente regolamentare. La Costituzione è altra cosa. Attiene, in sostanza, al diritto parlamentare. Ciò significa che sarebbe sufficiente introdurre nel regolamento della Camera una norma che preveda la rimozione del presidente di Commissione, quando questi è impossibilitato a presiederla per il semplice fatto che è agli arresti. Di più: agli arresti domiciliari per aver patteggiato. Non ci vuole molto per convocare gli organi parlamentari competenti (la Giunta del Regolamento) e studiare la relativa proposta di modifica da sottoporre, poi, all’Assemblea. Una simile iniziativa – creda, Presidente Boldrini! – avrebbe molto più senso dell’epistolare, pilatesco,  piagnisteo del “vorrei, ma non posso”.

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