La Lega, vincente, è in bolletta, ma non chiederà soldi a Putin

27 Nov 2014 12:07 - di Ugo Brutti
Il problema della Lega sono i soldi. Un articolo del Messaggero riepiloga la situazione finanziaria del Carroccio, con un bilancio 2013 in perdita per 15 milioni di euro. Colpa soprattutto della faraonica campagna elettorale di Bobo Maroni per conquistare la presidenza della Lombardia (sette milioni) e delle spese legali visto che lo staff giudiziario voluto da Maroni ha presentato una parcella da 3 milioni. Il vecchio tesoriere, Stefano Stefani, a luglio ha abbandonato il campo: «Siamo al disastro, è inutile che io vada avanti». Così Salvini ha nominato una terna di esperti per evitare la bancarotta: Giancarlo Giorgetti, che da sempre si muove fra bilanci e conti economici; Roberto Calderoli, che conosce la macchina del partito meglio di tutti; e Giulio Centenero, uomo di fiducia del segretario. I tre sono giunti all’ovvia conclusione che l’ufficio di collocamento leghista deve chiudere. Dunque, taglio drastico alle spese. Telepadania è già stata cancellata. Il quotidiano la Padania dal primo dicembre chiude e i venti che ci lavorano rimarranno a spasso.
Poi c’è la struttura di via Bellerio da ridimensionare: fra pochi giorni ci sarà un incontro con i 73 dipendenti a cui sarà illustrato un piano di lacrime e sangue: cassa integrazione per tutti e mancato rinnovo dei contratti di collaborazione. «Ci affideremo al mitico volontariato» s’è lasciato scappare qualche tempo fa Salvini. Ben sapendo, però, che solo con i volontari di strada se ne fa poca e, dunque, consapevole del fatto che almeno qualcuno che risponda al telefono e qualche segretaria dovranno rimanere in organico. Poi ci sono le spese di gestione di via Bellerio, un fortino immenso che non aveva senso neppure ai tempi della ricchissima Lega di Bossi. La prima opzione era quella di vendere lo stabile, ma si è rivelata un’operazione complessa. Ugualmente complesso è il tentativo di incrementare le entrate. Il finanziamento pubblico è in via di estinzione e dunque è partita la caccia a contributi privati, in Italia e all’estero. Ma per ora non c’è traccia di mecenati né esterni né interni al partito. La generosità, infatti, non è certo una dote dei leghisti. Basta vedere i contributi che i parlamentari hanno dato alla Lega nel 2013. A parte Giorgetti e il neosindaco di Padova Bitonci – che hanno sborsato quasi 50 mila euro a testa – tutti gli altri hanno avuto il braccino corto. Salvini 22 mila euro, Maroni appena 14 mila euro. Borghezio e Bossi niente. Da qui l’aiuto economico che, secondo indiscrezioni, la Lega avrebbe chiesto a Putin ma che Salvini ha smentito decisamente.

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