Italiani? Santi, navigatori e pessimisti. Crosetto: dal 2008 ignoriamo il futuro

4 Nov 2014 14:32 - di Priscilla Del Ninno

Italiani, popolo di santi, navigatori, poeti… e pessimisti cronici. E non bastassero le percentuali dei suicidi, i grafici sociologici sull’aumento dei casi di depressione, i report di telefono rosa, le indagini scientifiche inerenti al tema, ora ci pensa un ampio servizio del Corriere della Sera a ricordarcelo, pubblicando e commentando gli esiti di un studio, il Prosperity Index del Legatum Institute, una classifica annuale che guarda a 142 Paesi nel mondo, e che parametra il pessimismo su otto grandi temi che vanno dalle possibilità imprenditoriali all’economia, dall’amministrazione pubblica alla salute, dall’educazione alla sicurezza, passando per libertà personale e capitale sociale.

Uno studio del think thank inglese sentenzia: italiani pessimisti

Ebbene, in base al lavoro analitico proposto dal think tank Legatum Institute, il Bel Paese: che ha esultato per il boom degli Anni ’60. Che ha sperato e sognato negli anni Ottanta. Che fino al Duemila ha creduto nelle sue possibilità, guardando con fiducia a prospettive future, oggi alza le mani e abbassa lo sguardo, piazzandosi al 134° posto su 142 nella classifica dei paesi ottimisti, facendosi superare a destra da realtà anche più infelici e svantaggiate della nostra. Perché? E quando abbiamo smesso di sognare?

Crosetto: «dal 2008 abbiamo smesso di guardare al futuro»

«Innanzitutto, questo risultato non mi stupisce», ci risponde l’imprenditore Guido Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, oltre che sottosegretario alla Difesa del IV governo Berlusconi: un uomo che del cambiamento e della fiducia in nuove possibilità ha fatto una bussola che ha guidato i suoi cambi di rotta professionali. «Io viaggio molto – aggiunge poi – e non trovo Paesi in cui le prospettive di futuro siano inferiori rispetto a quelle che ci sono in Italia, pertanto credo che l’ottimismo non derivi tanto dalla situazione che uno vive, quanto dalle aspettative che è in grado di nutrire per il futuro». Uno stato di prostrazione, il nostro, che deriva da chi, o da cosa? «Da una somma di elementi che si influenzano l’un l’altro, rivelando causa ed effetti di un malassere diffuso. E lo confermano, una volta di più, i dati sulla detanatalità che affligge il nostro Paese. Da quando, poi, abbiamo smesso di sperare, difficile dirlo: certo è che la crisi del 2008 ha assestato agli italiani un colpo durissimo, soprattutto perché ha fiaccato fino a spegnerla la sensazione che tutto potesse essere in crescita. L’idea che il futuro – a cui oggi non sappiamo più guardare – fosse lì a portata di mano»…

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *