I tre ostacoli che il centrodestra deve superare per tornare vincente

6 Nov 2014 10:07 - di Lando Chiarini

Si può ancora cambiare il centrodestra senza ricorrere al “parricidio”? Possono Raffaele Fitto, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, tanto per citare i tre esponenti più visibili in questa tormentata eclissi della coalizione, contribuire a rinverdirne le speranze di vittoria? E ancora: è possibile coniugare la (ridotta) trazione carismatica di Berlusconi con la loro pressante richiesta di primarie? Sono più o meno queste le domande che si pone il popolo del centrodestra. Interrogativi insidiosi e persino irriverenti. Ma è quel che accade ogni qualvolta si sfida un tabù.

Il primo scoglio

Leadership: Forza Italia la rivendica per il Cavaliere e ne fa una questione di vita o di morte. A buon diritto: ad onta del forzato riposo cui è costretto dalla sentenza di condanna, l’ex-premier esercita ancora un forte appeal sull’opinione pubblica. È uscito dal Senato un anno fa, ma resta pressoché intatto il suo protagonismo nella politica italiana. Azzardarsi ad annunciarne la fine non sarebbe un buon affare. A patto, beninteso, che egli riprenda ad esercitare la leadership senza delegare a “cerchi magici” e senza imboccare scorciatoie con cui sottrarsi agli esecrati riti della politica.

Il secondo scoglio

Il patto del Nazareno: nato ufficialmente per sostenere la legge elettorale ed il cantiere delle riforme istituzionali è oggi fortemente sospettato di costituire un vero e proprio accordo parasociale tra il “giovane ed il vecchio contraente” (copyright Berlusconi). Fitto, Meloni e Salvini non lo hanno mai digerito. Anche in questo caso spetta al Cavaliere fare chiarezza separando il tema della nuova architettura costituzionale, verso il quale è persino doveroso rispondere positivamente, dalle scelte di governo, rispetto a cui Forza Italia sta evidenziando titubanze ed imbarazzi.

Il terzo scoglio

Legge elettorale: qui la confusione è massima perché diverse, anzi opposte, sono le esigenze vitali dei partiti del centrodestra. FdI è interessata ad abbassare la soglia di sbarramento mentre Fitto ha la necessità di salvare i suoi parlamentari dalla sicura decimazione cui sarebbero destinati se, come pare, l’Italicum ripresentasse lo stesso meccanismo di cooptazione del Porcellum. Salvini, invece, non ha problemi. In compenso, ha l’obiettivo di trasformare la Lega in un movimento nazionale. Ambizione guardata con malcelata diffidenza da Forza Italia, preoccupata dal venir meno del ruolo di collante tra il nord ed il sud della coalizione. Anche in questo caso molto dipenderà quindi dalle scelte del Cavaliere: se si piega a Renzi ed alla sua tesi di assegnare il premio di maggioranza alla lista, il centrodestra rischia la totale “balcanizzazione”. Nel corso dell’incontro con il premier, il leader forzista ha tenuto coperte le carte. Un po’ per tattica ed un po’ per non irritare i gruppi parlamentari in vista del confronto odierno. L’auspicio è che nella trattativa con Renzi il Cavaliere non punti tutto sulle liste bloccate a discapito del resto. In tal caso, la rivolta nel partito e non solo dei “fittiani” sarebbe un’eventualità tutt’altro che remota. E questo fa della legge elettorale l’ostacolo più insidioso sulla strada del rilancio del centrodestra.

 

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