Ballarò in crisi: per gli italiani meglio le fiction del pollaio politico

13 Nov 2014 12:36 - di Renato Berio

Era partito con l’11,7% di share, il nuovo Ballarò di Massimo Giannini, ex vicedirettore di Repubblica sbarcato su Raitre con grandi ambizioni. Ora il rivale Giovanni Floris l’ha quasi raggiunto: nell’ultima serata di martedì Ballarò ha avuto il 5,7% di share, il talk concorrente su La7 guidato da Floris ha ottenuto uno share pari al 5,5%.

Saviano fa flop

Eppure Giannini, per risollevare le sorti del suo programma, aveva chiamato in trasmissione Roberto Saviano, il popolare autore di Gomorra, ma neanche lui è risucito a catturare il pubblico annoiato dal talk show e dal teatrino dei soliti noti partecipanti, che ha preferito con entusiasmo la fiction Questo nostro amore 70, che si è aggiudicata gli allori della serata con uno share del 21,15%.

La comparsata di Prodi

Che dire? Sia Libero che il Giornale hanno sottolineato il flop di Saviano, icona della sinistra che fu nell’epoca in cui bastava, per essere celebrati, parlar male di Silvio Berlusconi. Un ruolo cui Saviano non si è sottratto, bruciandosi pian piano la credibilità acquisita con un libro, Gomorra, che ha svolto un’incontestabile funzione civica di denuncia. Una strada percorsa dallo stesso Gainnini che, se come vicedirettore di Repubblica “funzionava” con gli strali anti-Cav, in veste di conduttore si trova spaesato e non sa come “fidelizzare” un pubblico esausto: non gli è riuscito del resto neanche con Romano Prodi, altra figura d’antiquariato ripescata a Ballarò per riotccare l’audience all’insù senza successo. “Scegliamo dei campioni”, aveva detto Giannini. E infatti lui sceglie i “campioni” di una sinistra giurassica, quella anti-Arcore, che oggi non è più legittimata da una mission politica. Sicché quei campioni appaiono come “pugili suonati”.

Un modello superato

E del resto proprio Giannini aveva sottolineato, in un’intervista,  i pericoli insiti nel  vecchio modello della tv urlata: “Il chiacchiericcio politico è come un rumore di sottofondo che non lascia tracce: di rado alla fine della trasmissione, dopo aver ascoltato i vari ospiti, lo spettatore ha cambiato il suo modo di pensare. Credo sia superato concepire un talk-show come uno scontro tra due curve contrapposte, fin dalla costruzione fisica dello studio”. Giannini, lui stesso usurato da eccessive comparsate televisive, ha pensato di rivolgersi ai personaggi più graditi al pubblico progressista. Ma non ha funzionato, non solo perchè la stagione delle curve pro o contro è ormai passata ma anche perché è ora che la politica elabori altre strade, oltre alle passerelle televisive, per contagiare l’opinione pubblica. La politica-spettacolo è avvertita come totale finzione, rovesciamento di verità, inganno. Meglio allora una vera fiction, si saranno detti i telespettatori, che il finto e abusato circo dei talk show.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *