La crociata femminista della Boldrini non si ferma. Ecco il secondo capitolo

25 Ott 2014 11:47 - di Antonella Ambrosioni

Il presidente la presidente, signor presidente, signora presidente: è l’idea fissa, un tarlo insanabile per Laura Boldrini che – dopo giorni dalla polemica in aula con Sandro Biasiotti di Forza Italia –continua a vedere fantasmi sessisti dietro ogni vocale e riapre una questione oziosa di cui le italiane farebbero a meno. In un momento in cui una presidente della Camera sarebbe apprezzabile se si occupasse di faccende utili ed essenziali (ma continua con le sue iniziative demagogiche) donna Laura si balocca così. «Ritengo di dover essere chiamata con il genere di appartenenza, quindi “la” presidente e non “il” presidente».

Nel mondo surreale di donna Laura

La necessità di declinare i sostantivi a seconda del genere di appartenenza è la priorità imprescindibile di questa legislatura per donna Laura, la pietra angolare della sua missione sullo scranno più alto di Montecitorio, la madre di tutte le battaglie di liberazione. Sembra una pièce da teatro dell’assurdo. Il deputato Biasotti aveva raccontato di essere stato redarguito dalla Boldrini per averla chiamata “il” presidente, definendo l’episodio addirittura «incredibile e increscioso», e aggiungendo di essere «rimasto basito, perché certamente è una donna, la presidente Boldrini, non so se è una signora». Risposta: «Se sono ironica – sostiene Boldrini alla presentazione della campagna sociale contro la discriminazione del periodico “Famiglia Cristiana” – dico che è stata una situazione ridicola, ma se l’ironia mi abbandona, la trovo veramente sgradevole».

Le paranoie  non finiscono mai

Ad essere sgradevole e imbarazzante è proprio lei. Fa rabbia apprendere che queste dichiarazioni avvengano nel corso di una campagna sociale  “Anche le parole possono uccidere”, presentata all’interno della  Camera per sensibilizzare sull’uso delle parole, contro le diffuse forme di razzismo ed emarginazione. Alzi la mano chi preferisce che si parli di articoli e di sostanttivi “che uccidono”, piuttosto che di lavoro, quoziente familiare, tasse, esenzioni per i figli. Siamo al ridicolo di una Camera surreale, che dopo l’avvento della Boldrini sembra sempre più avulsa dal mondo reale. «Le parole uccidono», insiste la presidente della Camera, soffermandosi sui suoi “protetti”, sul fatto che spesso i termini clandestino e rifugiato vengono usati come sinonimi. Il senso delle proporzioni non la frena: «Al parlamento francese un deputato che si rifiutava di rivolgersi alla vice presidente come “signora” è stato multato». Si fermi “signor presidente”, così ci danneggia…

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