L’elettorato di centrodestra è incazzato. Ci vorrebbe un novello Cavaliere

15 Ott 2014 13:24 - di Mario Landolfi

È davvero sorprendente la deriva “tafazzista” in cui versa da qualche tempo il centrodestra, segnatamente il Ncd di Alfano e la Forza Italia targata Berlusconi-Pascale. Tra loro è ormai tutto un susseguirsi di scambi di accuse, veti incrociati, reciproche ripicche e tentativi di campagne acquisti (anche se lo scalpo del trapanese D’Alì, di recente riarruolatosi sotto le insegne del Cavaliere, non sembra preoccupare più di tanto una vecchia lenza come il ministro Lupi). Il risultato di tanta cupio dissolvi è il disorientamento di quel che resta dell’elettorato ex-pidiellino ed il sorriso divertito di un Renzi sempre più baciato dai sondaggi perché sempre più percepito dai cittadini come privo di reali ed apprezzabili alternative. Vale per lui quel che gli inglesi – in riferimento a Maggie Thatcher – ribattezzarono in Tina (There is not alternative). Ora tocca a noi italiani inventarci qualcosa per immortalare il giovane Matteo.

La guerra in corso non è di difficile lettura: Berlusconi vuole tagliare l’erba sotto i piedi degli scissionisti – soprattutto al Senato dove la maggioranza ha margini risicatissimi – non per mettere in crisi il governo bensì per diventarne l’occulto king maker e quindi il padrone del destino della legislatura. Renzi può continuare a fare il premier ma meglio se nella condizione di tributario del Cavaliere per quanto riguarda i numeri dell’assemblea di Palazzo Madama. Non è un’operazione semplice, soprattutto alla vigilia di importanti scadenze elettorali come le regionali dove Ncd e Forza Italia sono comunque insieme, o nelle giunte o all’opposizione. Il leader forzista lo sa e per questo procede a zig-zag tra pubblici propositi di ricostruire una coalizione competitiva e sempre meno velate accuse di tradimento.

Un’offensiva in piena regola di fronte alla quale il Ncd non è finora riuscito ad andare oltre la trita litania della denuncia della deriva estremistica del Cavaliere come se in questi tempi di crisi davvero persistesse un asse capace di distinguere un elettorato moderato da un altro, diciamo, incazzato. È una risposta debole che nasce dalla consapevolezza che in caso di strappo vero con Berlusconi non tutti (tra i parlamentari) seguirebbero l’accordo organico con la sinistra. Ma, al di là delle schermaglie tra forzisti e scissionisti, la guerra in corso è soprattutto la spia dell’incapacità dell’intero centrodestra di macinare politica. Il “rompete le righe” sembra essere l’esito più scontato dell’attuale stagione di veleni, resa ancor più complicata e ingestibile da irresponsabili fughe in avanti su temi sensibili e divisivi come le unioni gay. E il guaio è che non s’intravede all’orizzonte un novello Cavaliere capace di incollare i cocci oggi dispersi. Almeno fino a oggi.

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