Intellettuali di destra folgorati dal renzismo? Sbagliano. Ecco perché

30 Ott 2014 14:35 - di Silvano Moffa

Tutti ammalati di renzismo. Ora ci si mettono anche gli intellettuali di destra. Per fortuna, non tutti. Fa però un certo effetto leggere sul Corriere della Sera le dichiarazioni virgolettate di Giuliano Urbani, Domenico Fisichella, Marcello Pera e, sia pure con toni meno definitivi,  quelle di Marcello Veneziani. Urbani, la famosa tessera numero due di Forza Italia, che non fa mistero di tifare per Renzi. «Siamo talmente disperati – dice – che non ci resta altro». Fisichella che rispolvera dalla carte del suo poderoso  archivio una intervista di qualche anno fa rilasciata al Tempo, il 26 gennaio ’95 per l’esattezza, dal titolo ambiziosamente programmatico:”Faremo noi il Partito della Nazione”. Il “faremo” era rivolto alla destra europea, moderna e postfascista che aveva trovato in Fini il leader dell’avvenire. E che, poi, come sanno ormai anche i sassi, si è dispersa, frantumata, suicidata e  annullata.

Voglia di andare alla Leopolda

Ancora. Marcello Pera, il filosofo che ci ha donato colloqui di notevole spessore culturale e di grande intensità con il Cardinale Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, sui  temi del relativismo e dell’etica, del cristianesimo, dell’Europa e dell’Islam. Sì, proprio lui, l’ex presidente del Senato (forzista) che non fa mistero di una finora inconfessata voglia di andare alla Leopolda per “incoraggiare Renzi”. E se proprio volete capire il perché, ecco l’azzardo che non ti aspetti: Perché Renzi, a suo giudizio, è un po’ Mussolini e “voto Forza Matteo ma lo invito a non finire come noi”. Alla Leopolda sarebbe voluto andare anche Marcello Veneziani, «magari camuffato con barba e baffi finti», ammette, perché, scava scava, «c’è qualcosa in Renzi che mi ricorda Berlusconi e Craxi». Nei confronti di Pittibimbo il giudizio di Veneziani, perlomeno, è sospeso, «anche perché ha una squadra mediocre e interlocutori deboli».

Ecco perché sbagliano

Sarà. Ma c’è qualcosa che non ci convince in questo improvviso innamoramento degli intellettuali di destra per Renzi. Con tutto il rispetto per il loro valore, sconcerta questa sorta di appiattimento acritico sul renzismo. E se c’è amarezza (condivisibile) per quel che è fallito a destra, lascia di stucco il senso di catarsi che li pervade, la voglia di purificasi del corpo contaminato dalla damnatio delle macerie che incombono sul passato. Come se non fosse proprio compito supremo e sublime di ogni intellettuale combattere contro l’impigrirsi delle passioni e l’afasia del pensiero. Scevri da frustrazioni, lontani dalle mode, e senza il vezzo di un personalismo ossessivo che ne offuschi il pensiero, c’è da chiedersi quale contributo culturale possa al contrario essere offerto da quel versante alla rigenerazione della Politica in senso lato e alla ri-costruzione di una alternativa vera e concreta al “pensiero unico” dilagante. E se proprio dobbiamo dirla tutta, vale per noi quel che confessa Pietrangelo Buttafuoco. “Di Renzi diffido. Soprattutto perché il suo vero problema è l’essere adagiato sul conformismo. Piace ai ricchi, alle mamme, ai ragazzi, a Barbara d’Urso.”  Il presepe è colorato.. ma, per dirla con Eduardo, “nun me piace”. Altro che rivoluzionario, Renzi! Qui, ci vorrebbe un Marinetti.

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