Ustica, Renzi apre i cassetti “segreti” della Farnesina. Ma si scopre che non ci sono segreti

2 Set 2014 16:18 - di Redazione

Doveva essere l’occasione per scoprire tutte le verità nascoste sulla strage di Ustica. Ma, alla fine, si è rivelato un flop. Nelle carte della Farnesina “desecretate” dal governo Renzi c’è poco o nulla, soprattutto non c’è il nome del colpevole di quella strage e neanche uno straccio di indizio che consenta, quantomeno, di rileggere la strage in maniera diversa da quello che si sa finora o di trovare una pista diversa da quelle percorse finora. Ci sono, invece, in quelle carte, molte chiacchiere, qualche accusa senza fondamento certo, la conferma – già si sapeva – che c’era una confusione notevole di ruoli e procedure, e che nel Tirreno stazionavano le navi statunitensi – cosa che, anche questa, era già stata accertata. E ci sono, nelle carte, le ricostruzioni dei rapporti, spesso burrascosi, con Gheddafi – nulla di nuovo, anche qui – e gli scambi di comunicazione con gli altri governi, anche non europei, per capire se qualcuno di questi poteva dare una mano a chiarire il mistero del DC9 scomparso a Ustica.
Saranno, probabilmente, delusi i “pistaroli” e quanti, sulla vicenda di Ustica, hanno costruito formidabili carriere che mai, in altra maniera, avrebbero potuto avere. Insomma, non c’è, nelle carte, il famoso muro di gomma. Una delusione? Forse. Ma certo il gesto di Renzi – che non è poco – forse taciterà – o forse no – quanti, ad ogni piè sospinto, tanto per fare qualcosa o per apparire sui giornali strillano a gran voce chiedendo la rimozione del segreto. Rimosso il segreto, declassificati i documenti, messe a disposizione di chiunque abbia la voglia di leggerle, tutte quelle carte che avrebbero dovuto raccontare un’altra verità, si scopre che non c’è alcun muro di gomma. E allora cosa c’è nella documentazione custodirà fino ad oggi gelosamente alla Farnesina? C’è Gheddafi che chiede di poter fare visita in Italia ma la Farnesina frena. Con diplomazia, naturalmente, cercando di “contenere” il colonnello. Ci sono gli allora presidente di Consiglio D’Alema e Amato che chiedono la collaborazione dei governi di Francia, Usa e Libia. C’è l’irritazione dei soliti libici – irritazione ufficializzata dall’ambasciatore italiano – per quel jet caduto in Italia, sulla Sila, e che Tripoli rivorrebbe indietro con tanto di pilota. C’è la testimonianza raccolta dagli egiziani su richiesta del giudice italiano Priore di un nemico di Gheddafi, l’ex-primo ministro libico Habdel Hamid Baccouch, il quale accusa il colonnello che egli definisce un uomo «mentalmente squilibrato» di aver diretto, personalmente, una serie di «attentati terroristici di cui la strage di Ustica rappresenta solo un episodio anti-italiano organizzato come reazione all’azione italiana di garanzia della neutralità di Malta che annullava il controllo esclusivo da lui tentato sul primo ministro maltese Dom Mintoff». Dopodichè, però, non c’è né un’indicazione, né un nome, né un suggerimento di chi e come abbia fatto la strage. Nulla di nulla.

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