Accusò Tortora, ora verrà processato quale mandante di un omicidio. Il tempo del contrappasso per «Gianni il bello»

25 Set 2014 16:27 - di Redazione

Gianni Melluso, detto «il bello», 58 anni, pluripregiudicato e tra i primi «pentiti», soprattutto noto per essere stato uno dei principali testi d’accusa utilizzati dai pm campani contro Enzo Tortora, torna dopo anni a far parlare di sé. È stato infatti rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Marsala, Francesco Parrinello, con l’accusa di essere stato il mandante dell’omicidio della 39enne di origine elvetica Sabine Maccarrone. Il processo a «Gianni il bello» inizierà il 26 novembre davanti la Corte d’assise di Trapani. Questa sorta di contrappasso, quasi una punizione soprannaturale per uno spergiuro che aveva contribuito a far condannare un innocente è dovuta oggi alla confessione di un altro criminale. Ad autoaccusarsi dell’ omicidio, facendo il nome di Melluso come mandante, fu il pregiudicato mazarese Giuseppe D’Assaro, poi condannato per questo delitto a 30 anni di carcere. Il cadavere della donna, coperto con tegole e massi, fu trovato il 16 aprile 2007 dentro un pozzo artesiano accanto all’abitazione di campagna, in contrada San Nicola, a Mazara del Vallo (Tp), di proprietà della madre di D’Ascaro. Per concorso in occultamento di cadavere, era stato chiesto il rinvio a giudizio di Yamina Reguiai Bent Hedi, 49 anni, tunisina, che avrebbe aiutato l’assassino a nascondere il corpo di Sabine Maccarrone dentro il pozzo. Il gup, però, ha disposto il non luogo a procedere per prescrizione del reato. La vicenda sembra inquadrarsi nell’ambito di un traffico di droga. Giuseppe D’Assaro era recidivo. Infatti già nel 1985 aveva commesso un primo omicidio, uccidendo a bastonate un uomo di 75 anni (Antonio Signorelli) in un tentativo di rapina.

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