Riforme, ecco i nodi ancora da sciogliere: referendum e elezione del capo dello Stato

5 Ago 2014 10:53 - di Redazione

Si corre per il ddl sulle Riforme (sette articoli già approvati) ma ci sono ancora nodi da sciogliere: la platea per l’elezione del Capo dello Stato, le firme necessarie per i referendum, le funzioni del futuro Senato. Si tratta di punti sui quali il governo la settimana scorso ha annunciato la propria disponibilità al dialogo con le opposizioni, sbloccando così un’ impasse che sembrava insormontabile. L’abbassamento delle firme necessarie per i referendum abrogativi sembra quasi certo. Nel testo giunto in aula, le firme necessarie per la presentazione di un referendum sono 800mila: Sel e M5S chiedono un abbassamento a 500mila (la Lega punta anche ad introdurre la ratifica dei trattati internazionali a cominciare da quelli europei tra le materie sulle quali ammettere il referendum). Maggioranza e governo sembrano orientati a venire incontro alle richieste dell’opposizione sulle firme.

Più complessa la questione della platea per l’elezione del Presidente della Repubblica. Il ddl Boschi prevede che dopo il quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’Aula mentre dopo l’ottavo scrutinio basta la maggioranza assoluta. Soglie che, secondo le opposizioni, lascerebbero la scelta del Capo dello Stato nelle mani della maggioranza. Da qui un possibile punto d’incontro nell’allargamento della platea dei “grandi elettori” anche ai parlamentari europei: ma la soluzione non gode del favore né di Sel né dei ‘dissidenti’ Democrat. Sulle leggi di iniziativa popolare il ddl prevede che la Camera, nei tempi previsti dai regolamenti parlamentari, le esamini per arrivare ad una deliberazione. Da qui l’innalzamento delle firme necessarie da 50mila a 250mila (innalzamento spiegato con la necessità di non bloccare l’attività legislativa). Ma l’aumento delle firme ha fatto letteralmente insorgere le opposizione. Altre sollecitazioni arrivano al governo anche sul Titolo V, con il Ncd che vorrebbe assegnare esclusivamente allo Stato centrale il potere di commissariamento delle Regioni.

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