Militare italiano morto in una base Unifil in Libano. Gli inquirenti: suicidio o incidente. Escluso l’omicidio

12 Ago 2014 18:19 - di Redazione

Restano ancora da chiarire le cause della morte del primo maresciallo dell’Esercito, Luigi Sebastianis, trovato senza vita al posto di guardia della base Unifil di Shama, nel Libano del Sud. È stato ucciso da un colpo sparato dalla sua arma di ordinanza e per gli inquirenti potrebbe essersi trattato tanto di un suicidio quanto di un incidente. Esclusa, invece, la possibilità dell’omicidio. Sebastianis era già morto quando è stato soccorso. Originario di Palmanova e residente a Camino al Tagliamento, entrambi in provincia di Udine, era in Libano da maggio e lavorava presso il Combat Service Support Battalion. In Italia prestava servizio presso il battaglione logistico “Ariete” di Maniago. Da poco era stato a casa per una licenza. A Shama era tornato alla fine di luglio. Tutti i suoi colleghi lo descrivono come «sereno, tranquillo». Il sottufficiale è stato trovato privo di vita all’alba. Alcune fonti riferiscono che era sulla sua branda. Vicino, l’arma di ordinanza dalla quale è partito il colpo che lo ha ucciso. Per accertare le cause della morte e chiarire se si sia trattato di un colpo accidentale o volontario sono state avviate indagini dal comando della missione Onu, guidata dal generale italiano Luciano Portolano, in cooperazione con le autorità libanesi. In attesa di conoscerne gli esiti, Portolano ha espresso le sue condoglianze al governo italiano e alla famiglia del sottufficiale, ricordandolo come «un peacekeeper stimato e impegnato, che lavorava attivamente a sostegno del mandato dell’Unifil». E cordoglio, vicinanza alla famiglia e ai commilitoni sono stati espressi anche da Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, per Fratelli d’Italia, e dal sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi. A Camino al Tagliamento c’è dolore e incredulità per l’accaduto. La notizia della morte di Sebastianis si è diffusa rapidamente, dopo che i militari l’hanno comunicata ai familiari della vittima, la moglie e due figli, una ragazza di 19 anni e un ragazzo di 14. Il sottufficiale si era trasferito da Palmanova a Camino nel 2003, dopo aver vissuto per molti anni a Mortegliano. «Era una persona disponibile, estremamente cortese», ha detto il sindaco, Nicola Locatelli, che lo conosceva personalmente. «Viveva la comunità compatibilmente con gli impegni del suo lavoro, che già altre volte lo avevano portato in missione all’estero. Non perdiamo solo un servitore dello Stato, ma un amato concittadino. È una tragedia che ci colpisce doppiamente», ha aggiunto il primo cittadino, che ha portato alla famiglia il cordoglio di tutta la comunità.

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