Ebola, l’Oms lancia l’allarme: l’epidemia sta accelerando, previsti 20.000 casi

28 Ago 2014 20:00 - di Redazione

L’epidemia del virus Ebola in Africa occidentale accelera e l’Oms si prepara ad affrontare 20mila casi.
Lo ha annunciato a Ginevra l’Organizzazione Mondiale della Sanità dopo aver reso noto il bilancio aggiornato dei casi confermati confermati e probabili in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone, che è ora salito a 3.069, con 1.552 decessi.
«Tentare di fermare Ebola in Africa occidentale è come tuffarsi al centro di uno Tsunami», ha detto oggi la direttrice regionale del Programma alimentare mondiale al ritorno dalla Liberia dove, secondo Medici Senza Frontiere, la «situazione è critic» e l’epidemia del virus «si sta diffondendo a ritmi mai visti».
«Il numero di pazienti sta aumentando molto più rapidamente di quanto pensavamo – afferma la coordinatrice dell’emergenza a Monrovia Lindis Hurum – e siamo costretti ad adattare la nostra strategia ogni giorno. Stiamo disperatamente cercando di avere nuovi letti, abbiamo i bulldozer e stiamo costruendo nuove tende. In tutti i quartieri della città le persone muoiono e si ammalano ogni giorno».
«È del tutto inaccettabile che, dopo cinque mesi da quando è stata dichiarata l’epidemia di Ebola, si inizi solo oggi a discutere seriamente di leadership e coordinamento internazionale – dichiara Brice de le Vingne, direttore delle operazioni di Msf – gli Stati che hanno competenze e risorse per fare la differenza nei paesi colpiti si preoccupano solo di proteggere se stessi. Possono fare di più, perché non lo fanno?»
Intanto in Nigeria, dove giorni fa il ministero della Salute aveva fatto sapere che nelle strutture sanitarie non c’erano più contagiati ricoverati dopo la guarigione degli ultimi due pazienti, si registra il primo decesso fuori dalla capitale, Lagos. È la sesta vittima su un totale di 15 casi confermato, un medico che aveva curato il primo malato, un liberiano, considerato il “paziente zero” di tutti i casi in Nigeria. Sarebbe invece un bimbo di un anno risultato in un primo tempo negativo al virus, contratto dal latte della madre, la causa del contagio in Sierra Leone dell’infermiere britannico che dopo la somministrazione del siero sperimentale Zmapp lotta per la vita in un’unità isolata del Royal Free Hospital di Londra. Il bimbo che aveva perso la mamma a causa di Ebola, è a sua volta morto, ma secondo i media britannici avrebbe contagiato anche un’altra infermiera. Proprio nel Regno Unito dovrebbero cominciare i test di fase 1 del vaccino”candidato” che GlaxoSmithKline e i National Institutes of Healt statunitensi stanno sviluppando, grazie ai fondi raccolti da un consorzio internazionale in risposta al diffondersi dell’epidemia.
I test verranno effettuati su volontari sani a Oxford, in Gambia e nel Mali e la prima fase potrebbe concludersi entro la fine dell’anno. «Questi test non porteranno benefici immediati a tutti coloro che sono attualmente a rischio – ha spiegato Umberto D’Alessandro, direttore dell’unità del Medical Research Council in Gambia, che parteciperà alla sperimentazione – ma la speranza è che in un futuro non tanto lontano potremo essere in grado di proteggere la popolazione contro Ebola».

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