Dura solo due ore la tregua tra Israele e Hamas. La Casa Bianca: «Tutti proteggano i civili»

1 Ago 2014 17:42 - di Redattore 89

È scambio di accuse tra Israele e Hamas su chi abbia fatto saltare la tregua umanitaria di tre giorni stabilita la notte scorsa e compromessa dopo un paio d’ore dall’entrata in vigore, avvenuta stamattina alle otto ore locali. Tel Aviv, che ha bombardato Rafah, si giustifica accusando il movimento islamico di aver sparato colpi di mortaio dalla Striscia di Gaza verso la zona di Kerem Shalom, nel Sud di Israele, dopo che la tregua era scattata. Hamas replica

dicendo che nella notte, a tregua accettata ma non ancora iniziata, le truppe israeliane hanno iniziato manovre in quella zona, da cui mancavano da una ventina di giorni, e che in quella circostanza, un’ora prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, si sono consumati gli scontri. Le autorità internazionali si sono dimostrate molto risolute nel commentare il fallimento della tregua, ma molto caute nell’addossare responsabilità. Se i fatti «saranno confermati, si tratterebbe di una seria violazione del cessate il fuoco umanitario da parte delle fazioni palestinesi e da condannare nei termini più forti», ha detto in una nota l’inviato dell’Onu in Medio Oriente, Robert Serry, chiarendo però di essere stato informato dalle autorità israeliane e precisando che «le Nazioni Unite non sono nella posizione di confermare in maniera indipendente questi rapporti». Perfino la Casa Bianca ha assunto una posizione che, se non è di equidistanza, se non altro scavalla la disputa tra le due parti in guerra. «Di fronte a questa violazione della tregua umanitaria tutti, anche Israele, hanno il dovere di proteggere le vite di civili innocenti», ha detto alla Cnn il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, spiegando che in queste ore il segretario di Stato John Kerry è in costante contatto con Tel Aviv e con i vertici dell’Onu e dell’autorità palestinese. «Israele farà tutto il necessario contro quanti predicano la nostra distruzione e praticano il terrorismo contro i nostri cittadini», ha replicato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, con una risposta che non si è fatta attendere. L’offensiva massiccia, del resto, era già scattata nelle ore precedenti, insieme alle accuse ad Hamas di aver violato la tregua. Ad aggravare la situazione, poi, sono arrivati l’uccisione di due soldati israeliani e il rapimento di un terzo, rivendicato dalle Brigate Ezzedim al Qassam, che a loro volta hanno parlato di una reazione agli attacchi israeliani. Secondo le prime ricostruzioni, l’azione sarebbe avvenuta anche con l’impiego di un kamikaze. Sul fronte palestinese, invece, solo per i bombardamenti di oggi a Rafah, si contano 40 morti e 250 feriti, come sempre con un prezzo pesantissimo pagato dai civili. Si aggiungono ai circa 1440 che si contavano in mattinata, ma il bilancio è da considerare provvisorio, visto che non c’è alcuna prospettiva che Israele sospenda i bombardamenti. «Hamas ha pagato, e altri pagheranno, un prezzo pesante», ha detto il ministro della giustizia e negoziatore capo israeliano Tizpi Livni, continuando a puntare il dito contro le responsabilità palestinesi. I negoziatori, comunque, restano al lavoro. È stata smentita, infatti, la voci circolata a un certo punto della mattina secondo cui l’Egitto aveva deciso di cancellare i colloqui con entrambe le parti previsti al Cairo. «L’appello egiziano lanciato all’autorità palestinese e a Israele a inviare loro delegazioni al Cairo per negoziare è sempre valido», ha fatto sapere una «fonte autorizzata» citata dall’agenzia statale egiziana Mena, che però ha chiarito che «l’Egitto si aspetta che le due parti seguano totalmente l’appello di Ban Ki-Moon ad assicurare il cessate-il-fuoco prima di cominciare il processo negoziale». E una conferma alla volontà di partecipare ai negoziati è arrivata dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, che ha annunciato che una delegazione palestinese, che include anche Hamas, domani sarà al Cairo per colloqui sul fuoco a Gaza, « quali che siano le circostanze».

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