Caos Libia, Bengasi diventa un “emirato”. Il paese rischia la guerra civile

1 Ago 2014 14:27 - di Redazione

L’annuncio dei jihadisti di Ansar al Sharia in Libia è di quelli che fanno rabbrividire: “Bengasi è sotto il nostro pieno controllo. Abbiamo proclamato l’emirato islamico”. Riportata dalla tv emiratina Al Arabiya, che ha citato un portavoce del gruppo legato ad Al Qaida, la notizia è stata presa con le molle dal ministro degli Esteri Federica Mogherini che ammette tuttavia il disastro in cui è ormai precipitata la Libia del dopo-Gheddafi. “E’ una menzogna”, ha replicato Khalifa Haftar, il generale dissidente che da aprile tenta di “ripulire” la Cirenaica dalle milizie islamiste: “Ci siamo solo ritirati temporaneamente da alcune posizioni”, ha detto mentre media arabi riferiscono che si sia rifugiato in Egitto con la famiglia: una “tattica”, avrebbe sostenuto lo stesso generale, in vista di “una grande controffensiva”.

La Libia sta rischiando una nuova “sanguinosa guerra civile”, ha avvertito la titolare della Farnesina. E non solo in quella che fu, appena tre anni e mezzo fa, la culla della rivoluzione contro Muammar Gheddafi: anche a Tripoli, dove sono ripresi gli scontri tra le milizie filo-islamiste di Misurata e quelle di Zintan per il controllo dell’aeroporto internazionale, dopo una breve tregua per spegnere l’incendio divampato in due depostiti di carburante centrati domenica da un razzo. Con lo scalo nel caos, i servizi di sicurezza dei paesi vicini – Tunisia, Algeria e Marocco – hanno lanciato un allarme per possibili attentati sulle loro città con gli aerei civili in mano alle milizie armate, tanto da far innalzare lo stato di allerta in diversi aeroporti internazionali. Il ministro Mogherini ha anche fornito un bilancio degli scontri di oltre 200 morti e 400 feriti tra la capitale e Bengasi. Violenze che si riflettono anche sul piano politico, tra “le fazioni non islamiste che alle elezioni del 25 giugno per il nuovo parlamento hanno ottenuto circa il 50% dei 200 seggi, e gli islamici il 15%”.

E intanto continua la fuga in massa dalla Libia. Alla frontiera tunisina di Ras Jedir si tornano a vedere – come nel 2011 – migliaia di persone (libici, ma anche egiziani) in fila per attraversarla, mentre traghetti e navi da guerra stanno portando via 200 greci e 13mila filippini, così come centinaia di cinesi sono partiti via mare verso Malta. L’ambasciata italiana è tra le pochissime rimaste aperte, insieme a quelle di Regno Unito, Malta, Romania e Ungheria. Quella della Spagna è senza personale diplomatico ma ancora aperta.

Il premier Matteo Renzi domani sarà al Cairo per discutere delle crisi libica e nell’intera regione. Dopo i trasferimenti protetti dei giorni scorsi, a oggi sono ancora 241 gli italiani presenti in Libia: 144 in Tripolitania, 64 in Cirenaica, 33 nel Fezzan, più 45 tra personale dell’ambasciata e istituzionale.

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