Ruby “the day after”, nel Pd primi “mea culpa”. Gli azzurri: ora pacificazione e agibilità per il Cav

19 Lug 2014 18:46 - di Gabriele Alberti

Ruby “The day after”. Mentre Forza Italia gongola e va all’attacco, la sinistra comincia a porsi delle domande. Inizia il Pd nella persona del suo presidente, il dalemiano Matteo Orfini, a far intravedere timidi segnali di “mea culpa”. «Nei vent’anni alle spalle qualcheeccesso di giustizialismo c’è stato, sì. In alcune parti della sinistra si è perso il senso della cultura delle garanzie e abbiamo visto una deriva giustizialista, anche perché dall’altra parte c’era chi aggrediva la magistratura. Dovendola noi difendere, in alcuni casi si è andati oltre nel senso opposto». L’imbarazzo è evidente nelle parole del presidente del Pd,  intervistato dal Corriere della Sera. Le sue parole aprono un fronte nel Pd in cui si inserisce Giorgio Tonini, vicesegretario Pd al Senato che intervistato ad Affaritaliani.it, non usa mezzi termini e mette nel mirino Repubblica e il Fatto Quotidiano. A quanto pare anche a sinistra si sono stufati del giustizialismo travaglino e quello di Ezio Mauro. «Liberiamoci degli antiCav» tuona, La rinascita del Pd passa «dal superamento e dall’eliminazione dell’antiberlusconismo». Della serie, non è mai troppo tardi.

Stupisce, ma non troppo, l’assordante silenzio delle istituzioni: da Napolitano a Grasso e alla Boldrini neanche una parola. Uno dei legali di Berlusconi, il professor Filippo Dinacci, dalle colonne del Mattino entra nel merito: «Negli ultimi venti anni si è assistito ad un pericoloso scollamento tra il reale ed il virtuale, fino a far precipitare molti eventi della società in un indebito panpenalismo. Cioè, far finire tutto davanti ad un giudice penale, anche una vicenda privata come quella al centro del processo Ruby».  Punto essenziale è che le intercettazioni «erano tecnicamente illegittime perché – continua il legale – da un lato non potevano essere disposte per il reato di prostituzione minorile, e poi per il presunto scollamento temporale tra le captazioni delle conversazioni sul server della procura e la registrazione avvenuta altrove». Insomma, è qui che la macchina del fango si è messa in moto tentando di trasformare uno stile di vita – le feste ad Arcore- in reato. Un aspetto su cui si sofferma duramente “Il Mattinale”, la nota politica dello staff del gruppo FI della Camera: «Il ribaltamento assoluto della sentenza Ruby non si basa su nuove carte. Stessi elementi del primo grado. Che cosa suggerisce questo responso chiaro come acqua di fonte? Semplice. Le prove non erano prove, erano fuscelli impastati con lo sputo del pregiudizio, e trasformati in acciaio dalla potenza calunniatrice dei mass media». Ora si volta pagina ma senza dimenticare: «Dopo questa a storica giornata  occorre proseguire più convinti che mai sulla strada delle riforme, quelle istituzionali ma anche tutte quelle che servono ad impedire che ciò che accaduto in questi anni non accada più», è l’augurio di Govanni Toti, consigliere politico di FI, ai microfoni del Tg1. Il capogruppo azzurro al Senato, Paolo Romani pensa al futuro e si augura una «pacificazione nazionale e piena agibilità politica per Berlusconi, perché possa essere federatore della nuova aggregazione di centro destra», come scrive su Twitter. Sul fronte del Nuovo Centrodestra il giorno dopo la sentenza parla il coordinatore Gaetano Quagliariello, che dopo un lapidario «sul piano umano sono contento per lui», non perde tempo e pone subito il problema della leadership nel centrodestra: «Dopo l’assoluzione di Berlusconi è più facile una riaggregazione del centrodestra, purché non si punti più  sulla sua leadership», afferma in una intervista ad Avvenire, invitando Berlusconi a «passare il testimone».

 

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