Riforme, Grillo “sale” sull’Aventino perché non sa che pesci prendere

29 Lug 2014 14:18 - di Mario Landolfi

E ora Grillo medita l’Aventino. Deve pensarci da un po’ di tempo visto che ultimamente sul suo blog i riferimenti al Ventennio littorio ed i continui (ed improbabili) confronti tra Renzi ed il Duce si sprecano. Aveva proprio ragione il vecchio Marx a sostenere che gli eventi della storia la prima volta si presentano come tragedia e la seconda in farsa. Ma questo l’ex-comico forse lo ignora. Diversamente si sarebbe guardato bene dall’evocare il ricorso alla piazza come luogo in cui continuare a lottare contro le riforme costituzionali del governo. Intendiamoci, una forza popolare ha tutto il diritto – ed in qualche caso persino il dovere – di manifestare fuori dal Palazzo, ma pretendere – come appunto fa Grillo – di abbandonare l’uno per occupare l’altra è un gioco in parte pericoloso ed in altra parte rivelatore della grande difficoltà dei Cinquestelle nel riuscire a trovare un ragion d’essere alla loro presenza ed alla loro azione nelle istituzioni.

Il leader pentastellato ritiene che ormai non ci sia più alcuna ragione per stare in Parlamento. La sua idea è semplice: vi si resta fino a quando non sarà approvata la norma che introduce il Senato non elettivo. “Dopo – spiega Grillo – se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo. (…) Meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della Patria”. Ovviamente la sua è solo una proposta. A decidere sarà solo il popolo del web.

Ora, che le riforme presentate da Renzi siano per molti versi un vero pasticcio, è un dato di fatto. Che l’atteggiamento guascone del premier puzza di propaganda lontano un miglio è altrettanto vero. Che l’opposizione – e quindi anche il M5S – abbia bisogno di ricorrere a concetti duri e a parole forti per tonificare il morale del Movimento è necessità nota non solo agli uomini di mondo. Ma che una forza politica votata da milioni e milioni di italiani non abbia ancora deciso che cosa fare da grande è cosa decisamente preoccupante. Quando Bersani li voleva associare alle sorti della maggioranza per isolare Berlusconi, lo sfancularono in diretta streaming. Poi hanno snobbato Enrico Letta e platealmente litigato con Renzi. Nel frattempo il quadro politico è mutato più volte: Letta è stato scalzato dall’attuale premier e il Pdl si è spaccato sull’appoggio al governo. Mentre tutto questo (ed altro ancora) accadeva, Grillo restava sempre là ad urlare contro la Casta cattiva e a malapena si accorgeva dei consensi calanti. Ci ha provato il giovane Di Maio a cercare di traghettare i grillini sul terreno della politica. Ma inutilmente, a quanto pare. Ora il gioco dell’oca li ha riportati esattamente al punto da dove erano partiti: contro tutto e contro tutti per nascondere dietro una pretesa e presunta alterità il desolante vuoto di prospettiva politica. Rinserrandosi nel loro piccolo Aventino fanno solo una cortesia al governo e rischiano di fare come quei cani che abbaiano mentre la carovana (di Renzi) passa.

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