L’addio ai social della madre di Federico Aldrovandi: «Torno a essere una mamma privata»

5 Lug 2014 18:36 - di Redattore 89

Non c’è solo l’addio a Facebook. Nel messaggio con cui ha annunciato la chiusura della pagina dedicata al figlio, Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, ha di fatto dichiarato conclusa anche la sua battaglia pubblica per avere giustizia:«Ho chiuso l’account perché tutto è già stato detto. Le sentenze sono definitive. Chi vuol capire ha capito. Agli altri, addio. Io torno ad essere mamma privata», ha scritto la Moretti sulla pagina che aprì nel 2008 con il nome del figlio. Allora era in corso il primo grado di giudizio e ancora non erano state emesse le condanne nei confronti degli agenti che, in una sera di settembre, provocarono la morte del ragazzo, dopo averlo fermato nei pressi di casa sua a Ferrara. In questi quasi nove anni Patrizia Moretti si è fatta voce di quel figlio morto ammazzato a 18 anni, chiedendo giustizia per lui e rivendicando un impegno collettivo perché nessun caso di morte in stato di fermo o detenzione venisse più liquidato frettolosamente. «Federico adesso ha moltissime voci che ringrazio una per una. L’associazione (che porta il nome del ragazzo, ndr) prosegue sulla strada di Federico e su questa pagina. Ciao!», ha concluso la Moretti, in un messaggio seguito da poche righe a firma dell’associazione. «Come associazione ci auguriamo che Patrizia possa alleggerire la sua vita passando il testimone a chi ha capito che la lotta della famiglia Aldrovandi è la lotta di tutti», vi si legge. La decisione di Patrizia Moretti di tornare a essere una «mamma privata» arriva a pochi giorni dall’ultimo pronunciamento sul caso: il provvedimento con cui la Corte dei conti ha stabilito il sequestro conservativo di una parte dello stipendio e dei beni di Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, i quatto agenti condannati in via definitiva per eccesso colposo nell’omicidio di Federico. Ognuno dovrà restituire allo Stato 467mila euro, per una cifra complessiva di 1 milione e 870 euro, a copertura del danno erariale causato dal risarcimento riconosciuto alla famiglia Aldrovandi. La discussione del provvedimento avverrà il 9 luglio, ma il sequestro è già esecutivo. «Finalmente si è arrivati al completamento della giustizia per la morte di mio figlio», è stato il commento di Patrizia Moretti, mentre è stato il marito, Lino Aldrovandi, a sottolineare che «è giusto che non siano i cittadini a pagare per chi quella mattina si è reso responsabile della morte di mio figlio, che diceva basta e chiedeva aiuto».

Eppure, anche quest’ultimo riconoscimento di giustizia per gli Aldrovandi ha avuto uno strascico di amarezza. Alcuni sindacati di polizia hanno avuto una reazione furiosa, arrivando a sostenere che la famiglia è alla «ricerca di vendetta». C’è stata anche una querela nei confronti della Moretti, che aveva replicato parlando di stalking e ricordando che gli attacchi personali arrivati da voci del sindacato hanno segnato gran parte della sua battaglia di giustizia. Due episodi fra tutti raccontano meglio di altri ciò che la mamma di Federico Aldrovandi ha dovuto sopportare: la manifestazione a sostegno degli agenti condannati, che fu organizzata sotto le finestre del suo ufficio, e l’indegno applauso al congresso del Sap, che provocò un’indignazione trasversale condivisa da tutti i vertici istituzionali di questo Paese, Quirinale compreso. 

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