I “tagli” alla spesa aumentano il divario con il Nord. Dal Sud in fuga un milione e mezzo di persone

30 Lug 2014 16:00 - di Redazione

L’economia in Italia va a rotoli, ma è il Mezzogiorno che avverte i segni più pesanti della crisi. La Svimez ci offre l’ennesima radiografia dello stato di malessere del nostro Paese e dell’accentuarsi del divario tra Nord e Sud. Una fotografia impietosa quella che esce dal rapporto. Che non lascia spazio neppure a possibili miglioramenti, almeno nell’immediato. Sotto accusa finiscono soprattutto le manovre di politica economica degli ultimi anni. “Le manovre pesano di più al Sud”, rileva la Svimez. Con un impatto pari nel 2015 al 9,5% del Pil al Sud contro il 6% del Centro-Nord. Si tratta di cifre e percentuali riferite ai 109 miliardi previsti nelle Finanziarie degli ultimi quattro anni. Così, in un Mezzogiorno “già meno strutturalmente capace di agganciare la ripresa”, i tagli alla spesa operati dai governi che si sono succeduti hanno moltiplicato il tasso di arretratezza di questa parte dell’Italia rispetto al Settentrione. Di questo passo, nel 2015, al Sud il valore cumulato della spesa pubblica sarà tagliato il doppio rispetto al Centro-Nord. Quanto ai fondi di coesione, “se per ipotesi si riuscissero a spendere tutte le risorse tecnicamente disponibili, l’impatto potenziale sul Pil nell’area sarebbe quest’anno dell’1,3%”. Un dato che certamente potrebbe segnare una inversione di tendenza e aprire nuove opportunità occupazionali. Si calcola che si ricaverebbero 34 mila posti di lavoro in più nel 2014 e 82.400 nel 2015. Una boccata di ossigeno non indifferente per un territorio martoriato che ha visto crescere negli ultimi tempi il tasso di povertà assoluta delle famiglie, contrarre paurosamente i consumi, calare vertiginosamente i livelli occupazionali, abbattersi gli investimenti, diminuire le nascite e riemergere in maniera consistente il fenomeno migratorio vero il Centro-Nord. In dieci anni, dal 2001 al 2011 oltre un milione e mezzo di persone, di cui 188 mila laureati, hanno lasciato la terra natia in cerca di lavoro. Una fotografia tremenda e mortificante, quella fornita dalla Svimez, che dovrebbe spingere chi di dovere a inserire il Mezzogiorno nell’agenda delle priorità. Ed a metter mano ad una politica  che ridia fiato all’economia in questa parte del Paese e restituisca centralità alla questione meridionale per la crescita complessiva dell’Italia.

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