Grillo utilizza male i suoi voti. Proprio come le Regioni del Sud i fondi europei

2 Lug 2014 13:24 - di Lando Chiarini

Dev’essere stata colpa del caldo o, più probabilmente, dell’emorragia di voti subita dal suo movimento al Sud. Fatto sta che la penosa sortita di Grillo in quel di Strasburgo (“L’Europa non dia più finanziamenti all’Italia. Scompaiono tutti in tre regioni: Calabria, Sicilia e Campania e vanno quindi a ‘ndrangheta, mafia e camorra) è rivelatrice di una difficoltà politica non da poco. Un conto è parlare, altro è agire. Una cosa è denunciare quel che non funziona, altra cosa è offrire soluzioni concrete e praticabili per farle funzionare. Grillo, invece, pretende di stare col piede in due staffe, gioca a fare il leader di lotta e di governo ma riesce solo ad essere servo di due padroni: la rete e le pulsioni dei suoi parlamentari, sempre più perplessi di fronte ad una strategia considerata priva di sbocchi politici, come le recenti elezioni europee hanno per altro dimostrato.

Sia chiaro, l’ex-comico non ha tutti i torti. Esiste un problema di parziale e in molti casi di cattivo utilizzo dei fondi nelle regioni meridionali (ma non solo) e si capisce pure che, se si fosse limitato a precisarlo, non se lo sarebbe filato nessuno mentre, alzando decisamente i decibel, ha guadagnato titoli ovunque, ma tutto questo non autorizza il leader della seconda forza politica nazionale a spacciare tesi fuorvianti in una sede istituzionale comunitaria dando spago e fiato ai tantissimi che nei Palazzi europei non fanno mistero di nutrire odiosi pregiudizi verso l’Italia. Ecco, se Grillo voleva recitare la parte del commesso viaggiatore del disfattismo nazionale, c’è riuscito benissimo.

Ma non è solo questo l’unico punto debole della sua uscita: sbagliamo, o il Grillo di Strasburgo è lo stesso che solo un anno fa, dopo aver toccato la sponda siciliana dello Stretto, attraversato a nuoto, dichiarò urbi et orbi che “la mafia non esisteva”? Un antico detto ammonisce i bugiardi ad allenare la memoria. È fin troppo evidente che al capo pentastellato non lo hanno insegnato. Comunque sia, è fin troppo chiaro che il suo euroshow (stavolta gratuito, per fortuna) serve soprattutto a coprire malumori interni, resi ancor più accesi dalla scelta di costituire il gruppo a Strasburgo con l’Ukip di Nigel Farage, leader sospettato di coltivare simpatie razziste. E questo spiega perché Grillo si è precipitato a metterci una pezza quando gli euroscettici inglesi hanno deciso di ascoltare l’Inno alla gioia di Ludwig Van Beethoven voltando le spalla. “Hanno fatto bene. Quell’inno piaceva ad Hitler”, ha spiegato con l’aria di chi la sa lunga. Di fronte a tanta superficialità, forse l’unica cosa da fare è girare agli elettori dei Cinquestelle, riveduto e corretto, l’appello antitaliano rivolto da Grillo all’Europa e dire loro: “Non votatelo più perché utilizza male la vostra fiducia”.

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