Germania Brasile 7-1, partita storica tra compassione e spietatezza

9 Lug 2014 10:44 - di Redattore 54

La stampa brasiliana dice: massacrati. Quella tedesca fa eco: senza parole. Germania-Brasile 7-1 resterà nella storia. Anche per quel suo saper rappresentare perfettamente metafore geopolitiche e simboli morali. Il Brasile, il gigante emergente del Brics che impensierisce l’egemonia dell’Occidente. La Germania, cuore della vecchia e decadente Europa, invecchiata e senz apiù valori comuni (a parte l’euro). Il primo si squaglia nello stadio di Belo Horizonte, la seconda inanella un colpo dietro l’altro e compie una marcia trionfale per la quale si sprecano aggettivi: spietata, feroce, implacabile.

I social network trasudano di commozione per l’immagine del bambino brasiliano in lacrime, immagine di un Paese disperato. L’etica della compassione inchioda tutti alla necessità di tifare i verdeoro. Perché la sconfitta non sia annientamento, perché dietro il fiero puntiglio dei tedeschi lanciati comunque e sempre contro la porta di Julio Cesar si intravede un’altra visione, che non appartiene ai popoli latini e mediterranei. Quelli hanno l’etica del dovere, non quella del soffrire insieme. Le regole del gioco sono le regole del gioco. Si segna finché si può. Gli avversari sono atterrati, inebetiti, tramortiti? Le regole sono le regole. E sembra di rivedere in campo i rigidi cerimoniali dei Buddenbrook, e sembra di vedere materializzata quell’etica protestante di cui scriveva Max Weber: avanti e avanti, verso il successo, perché quella è la vera austera felicità, e lì c’è il sigillo della benevolenza divina.

L’etica della compassione (e del compatimento e del compatirsi che ne sono l’espressione degenerata) non tollera troppe lacrime e in fondo è compenetrata dal principio della sana di via di mezzo esaltata dai poeti rinascimentali. Si vuole vincere per festeggiare, si vuole vincere per poterlo sfottere, l’avversario. Non per tenerlo sotto il tallone. Si vince per cogliere l’attimo, consapevoli che tutto fugge via e che nessun popolo è predestinato alla vittoria dalla storia.

Il calcio è metafora di tante cose ma in fondo una partita è una partita. E certe storiche sconfitte possono essere anche catartiche. Così la presidente del Brasile Dilma Roussef scrive su Twitter alle due di notte: “Brasile, rialzati, togliti di dosso la polvere e torna in alto”. La Germania di sconfitte se ne intende a sua volta. E non guadagnate su un campo di calcio. I tedeschi sono i primi a poter insegnare che rialzarsi è sempre possibile.

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