Denuncia delle Nazioni Unite: 125 milioni di donne hanno subito mutilazioni genitali. 40mila i casi stimati in Italia

23 Lug 2014 18:33 - di Redazione

Sono oltre 125 milioni le ragazze e le donne viventi che, secondo l’Onu, hanno subito mutilazioni genitali nei 29 Paesi dell’Africa e del Medio Oriente dove questa pratica, condannata nel 2102 da una risoluzione del’Assemblea Generale, e’ prevalente ed esistono dati per registrare il fenomeno. Se l’attuale trend dovesse continuare, è l’allarme lanciato di recente dalle Nazioni Unite, circa 86 milioni di bambine in tutto il mondo rischiano di subire qualche forma di infibulazione da qui al 2030. Un fenomeno difficile da arrestare, nonostante gli sforzi internazionali. Ed è di oggi la notizia del «decreto» emanato dall’autoproclamato «Califfo» Abu Bakr al Baghdadi, che impone che tutte le donne dello Stato islamico controllato dall’Isis, che si estende da Aleppo in Siria a Mosul in Iraq, debbano subire l’infibulazione. Oltre 100 milioni delle donne e bambine mutilate si trovano in 28 Paesi africani. Plan Italia, Onlus impegnata nella tutela dei diritti dell’infanzia, denuncia che in Egitto, Eritrea, Mali, Sierra Leone e nel nord del Sudan, il fenomeno tocca quasi la totalità della popolazione femminile (più dell’80%). Tuttavia, non si tratta di un problema solo dei Paesi in via di Sviluppo. Solo in Italia si calcola che le vittime siano circa 40mila. E’ il dato più alto in Europa, che in totale conta 500mila casi. Secondo l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), in Italia ogni anno ci sono 2.000-3.000 bambine a rischio di essere infibulate. Nella sola capitale, dal 1996 ad oggi, sono state curate oltre 10mila donne immigrate vittime di questa pratica. Nel nostro Paese, la legge 7 del 9 gennaio 2006 vieta la mutilazione genitale femminile, punendo chi la pratica con pene fino a 12 anni di reclusione e, per il medico che ne fosse autore, con l’interdizione dalla professione. Secondo l’Inmp, in Italia ci sarebbero ancora alcuni medici e anziane donne delle comunità straniere che, a pagamento, praticano l’infibulazione, spesso senza anestesia e con strumenti non sterili. Per aggirare le misure previste dalla nostra normativa, inoltre, le bambine vengono spesso ricondotte nel paese d’origine per subire la procedura. In molti paesi europei, denunciano varie associazioni, le mutilazioni vengono eseguite nei centri di chirurgia estetica o in quelli che effettuano piercing e tatuaggi.

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