Veneziani: «Sulla questione morale e le riforme Almirante fu più incisivo di altri»

27 Giu 2014 8:11 - di Antonella Ambrosioni

Almirante e una  certa idea dell’Italia. «La sua eredità  maggiore fu la proposta della riforna istituzionale e il tentativo di ripensare l’Italia dopo decenni di amnesia nazionale. Il suo grande merito è di aver parlato agli italiani di Roma di Bari, di Torino come se fossero ancora appartenenti a una Patria e non a a un “cadavere” come spesso si avvertiva».  Marcello Veneziani, scrittore, filosofo ed editorialista, individua meriti e qualità di un percorso umano e politico dai quali non si può prescindere.

Veneziani, cosa dobbiamo a Giorgio Almirante?

Almirante ha vari meriti  degni di essere messi in risalto. Ha un valore specifico per tutto il mondo che si è riconosciuto nella Destra, perché ha  tenuto vivo il suo  contenuto sociale, i valori di Patria e ha mantenuto  unita  intorno a una certa idea di Nazione una comunità umana che aveva combattutto “dalla parte sbagliata”. Ma Almirante ha un valore specifico anche oltre il mondo di appartenenza: è stato il più grande oratore del secolo scorso. L’uomo che è riuscito con la parola ad esprimere sentimenti politici, emozioni, appartenenza all’italianità. Una qualità che va riconosciuta anche a distanza di anni e  anche da parte di chi gli è stato avverso. Si tratta di un merito e di uun valore aggiunto perchè la politica è il rusultato di una serie di fattori: chi ha in mano il governo deve saper “fare” e lasciare tracce cospicue nella sua azione. Chi invece come Almirante ha militato all’opposizione ed è stato sempre in Parlamento, esplicita  la sua capacità sapendo comunicare attraverso la parola emozioni e passioni politiche. Lui nella Prima Repubblica è stato il migliore.

Un uomo che pur dall’opposizione guardava lontano, prefigurando un’alternativa al sistema. Non pensa che ci sia molto di suo nel dibattito sulle riforme, ma anche nei suoi interventi sulla corruzione?

Da un verso  è stato un implacabile accusatore della partitocrazia e della corruzione. E quando oggi si parla della questione morale attribuendola solo a Berlinguer, si fa un torto ad Almirante che aveva posto il problema con una perentorietà perlomeno uguale, se non maggiore. D’altro canto, sul campo delle riforme aveva agitato tra i primi l’idea della riforma in senso presidenziale, una riforma strutturale dell’impianto politico. Certo, non aveva i “numeri” in Parlamento per poterla realizzare, quindi la sua era una consapevole utopia. Però, l’ha fatto e quuindi gli va riconosciuto il merito di aver pensato alla riforma istituzionale molto prima di altri. Negli anni ’80 quando lui era ancora vivo, Craxi aveva ripreso alcuni temi sulla riforma presidenziale, sul decisionismo in generale, oltre che sul legame con l’identià nazionale che erano temi tipicamente almirantiani. Ma poi con gli anni, dopo la sua morte, quando è nata la Seconda Repubblica – o quell’abbozzo di Seconda Repubblica –  sicuramente la lezione di Almirante è riemersa soprattutto per quanto riguarda la Repubblica presidenziale.

Che destra è stata quella di Almirante ?

Una destra con uno spiccato contenuto sociale, nel solco di una tradizione della destra continentale sensibile a questo aspetto, a differenza di quella liberal conservatrice.

Il cammino politico da lui indicato  ebbe nel momento della Costituente di Destra uno snodo importante. Perché fallì?

Putroppo fu una promessa che non andò avanti. Il primo passo fu la “Destra nazionale”, con questa dicitura affiancata al Movimento  sociale con cui Almirante riuscì a recuperare alcuni esponenti di altre aree, dai monarchici ai liberali. Poi tentò con la Costituente di Destra di diventare una specie di prefigurazione del centrodestra degli anni ’90: cercò di ampliarel’area di riferimnento, inserendo al suo interno sia esponenti provenienti dal mondo della resistenza cattolici penso a Giachero, ad Agostino Greggi, sia esponenti provenienti dal mondo militare, come Birindelli. Il tentativo non andò a fondo anche perchè il muro delle discriminazioni innalzato negli anni ’70 divenne insopportabile.

Che anni furono?

Il cammino della Destra subì un’interruzione. Nei primi annni Settanta quando Almirante ridiventò segretario  del partito, la sua idea era quella di allargare la Destra fino a diventare un soggetto politico a pieno titolo, che entra nel gioco  politico, che incide e che ha un peso anche all’interno del Parlamento. Dopo la nascita  dell’Arco costituzionale e dopo la “ghettizazione” del Movimnento Sociale, dopo la scissione di Democrazia Nazionale, Almirante rifluì verso un’idea della Destra volutamente antagonista rispetto al quadro politico, quindi negli ultimi anni coltivò una Destra  “divergente” rispetto agli altri, che aveva il culto della sua diversità. Possiamo dire che la sua eredità  maggiore fu la proposta della riforna istituzionale e il tentativo di ripensare l’Italia dopo decenni di amnesia nazionale.

Cosa non gli perdonavano?

Credo che non gliu sia stato mai perdonato il suo giovanile impegno fascista, il fatto di essere stato il capo ufficio stampa del ministro Mezzasoma nella Rsi. Perché in efetti anche nel pieno degli  anni di Piombo Almirante parlò di pacificazione, propose addirittura “due volte” la condanna a morte per chi a destra si fosse macchiato di omicidi, perché, diceva, commettevano un crimine non solo  in quanto uomini ma anche perchè legati a un partito d’ordine. Era stato molto onesto e poi aveva fatto della aperture di pacificazione nazionale che  trovarono il suo culmine nel suo saluto ultimo a Berlinguer nell’84.

 

 

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