Iran in aiuto dell’ex nemico Iraq, mentre parte la controffensiva di Baghdad contro i miliziani jihadisti

14 Giu 2014 14:01 - di Bianca Conte

Squilla la tromba del settimo cavalleggeri e l’Iran arriva in soccorso dell’Iraq. Sembra strano, ma stavolta i due Paesi si interfacciano in nome dell’aiuto e non del conflitto, schierandosi dalla stessa parte della trincea. Nelle ultime settimane la polveriera irachena è esplosa a colpi di quotidiani attentati e scontri, e via via molte città sono cadute nelle mani dei miliziani jihadisti. Dunque, quando il super controllo americano ha sdoganato la notizia della collaborazione tra i due ex Paesi in guerra, specificando che Theran ha inviato a Baghdad il generale Qassem Suleimani, eminenza grigia delle Guardie rivoluzionarie, con il compito di incontrare le autorità irachene, la strategia difensiva è entrata nel vivo. E, a stretto giro della notizia americana, è arrivata la conferma del presidente iraniano Hassan Rohani che – secondo quanto riportato da Al Arabyia – ha dichiarato che l’Iran è pronto ad aiutare l’Iraq nel rispetto del diritto internazionale, precisando tuttavia che Baghdad non ha espressamente chiesto l’aiuto ricevuto. Una disponibilità – ha specificato il presidente iraniano sottolineando «la differenza tra aiutare e intervenire» – che non contempla l’intenzione dell’Iran di agire militarmente in Iraq, ma che si espleterebbe soprattutto nel fornire «consigli a Baghdad su come combattere il terrorismo». Al momento, ha insistito Rohani, «non abbiamo ricevuto nessuna richiesta da parte dell’Iraq, ma siamo pronti ad aiutare Baghdad sulla base delle leggi internazionali e della volontà del popolo e del governo iracheno». E, sembrerebbe sempre dalle dichiarazioni presidenziali, senza escludere la possibilità di collaborare con gli Stati Uniti sulla crisi in Iraq. «Se gli Stati Uniti interverranno contro i gruppi terroristi – ha detto Rohani – possiamo «pensare a una collaborazione, ma fino adesso da parte di Washington non c’è stata nessun’azione». La Gran Bretagna, a sua volta, ha deciso di stanziare 3 milioni di sterline (circa 3,7 milioni di euro) per aiutare in civili iracheni in fuga dall’avanzata dei jihadisti nel nord dell’Iraq.

Intanto, il comando delle forze armate irachene a Samarra, 110 chilometri a nord di Baghdad, ha detto di avere cominciato una controffensiva riconquistando il distretto di Ishaqi, nella provincia di Salahuddin, di cui avevano preso il controllo nei giorni scorsi i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Il comandante delle operazioni a Samarra, Sabah al Fatlawi, citato dall’agenzia irachena Nina, ha detto che le truppe regolari sono appoggiate da forze tribali dell’area. Da Samarra il governo di Baghdad sembra intenzionato a cercare di organizzare la controffensiva contro i jihadisti, a cominciare dalla riconquista di Tikrit, una trentina di chilometri a nord, capoluogo della provincia di Salahuddin e città natale del defunto ex presidente Saddam Hussein. Nelle scorse ore, inoltre, il primo ministro Nuri al Maliki, accompagnato da alcuni ministri, si è recato personalmente a Samarra per discutere con le autorità e i comandanti militari locali la strategia per cercare di respingere l’avanzata dell’Isis. «L’Iraq non sarà mai sconfitto», ha affermato al Maliki in un messaggio televisivo alla nazione da Samarra, ribadendo contestualmente il suo appello «a tutti coloro in possesso di armi perché combattano contro lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante». Non solo: dopo la rotta dell’esercito iracheno nel nord del Paese davanti all’avanzata dei miliziani jihadisti, il primo ministro Nuri al Maliki ha minacciato la pena di morte per i disertori che non torneranno alle loro unità. Quindi, rivolgendosi alle forze paramilitari e tribali, ha concluso: «Il Paese è con voi, il governo è con voi», perché «non c’è differenza tra sunniti e sciiti, esiste solo l’Iraq».

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