Gli italiani “tifano” i giovani leader. Meloni e Salvini “top player” nei sondaggi

23 Giu 2014 18:04 - di Guglielmo Federici

Forze fresche, volti nuovi. Non è l’Italia di Prandelli, ma l’Italia dei “leader ragazzini” che esce da un sondaggio Demos per Repubblica. Renzi, Salvini, Meloni, Alfano. Il loro indice di gradimento continua a salire a un mese dalle elezioni europee. Contano più dei programmi, più degli orientamenti di partito, più degli ideali. Piacciono agli italiani perché sono “nuovi”, giovani e non ricordano da vicino il recente passato. A questi giovani leader si “avvinghiano” gli italiani intervistati dall’istituto di ricerca, in tempi di crisi nera dei partiti – l’effetto Expò e Mose è stato una mannaia – e della democrazia rappresentativa. Queste le “quotazioni”: Renzi a parte – che si giudica un 74 per cento – ci interessa sottolineare le performance da top-player di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni, rispettivamente al 38% e al 36%. Anche loro spinti dal fattore età e in crescita nelle simpatie, visto che i segretario della Lega ottiene nomination doppie rispetto a due mesi e fa e la presidente di Fratelli d’Italia-An si aggiudica il 10 per cento in più rispetto ai sondaggi preelettorali. Angelino Alfano si attesta al 34 per cento. Il gradimento in crescita dei  giovani leader del centrodestra indica una domanda di cambiamento radicale che «va oltre» i partiti di riferimento, commenta Ilvo Diamanti sul quotidiano di Ezio Mauro. Si cambi album. Un cambiamento che gli italiani intervistati vedono ben interpretato dal comportamento degli “outsider” per così dire. Non è più il partito la “bussola” di riferimento dei più, ma le persone, e nel caso di Meloni e Salvini non si può non vedere che il fattore biografico va a braccetto anche con la freschezza e l’efficacia e la chiarezza dimostrata chi su un tema chi su un altro, dall’euro, alle pensioni d’oro, pr citare due temi che evidentemente fanno breccia oltre le singole “parrocchie” partitiche.

Il sondaggio evidenzia infatti la «motivazione personale del voto», molto sensibile nel caso del premier: «Più che per il Pd gli elettori hanno votato per la persona Renzi», per intenderci . Contano più le facce nuove dei contenitori partitici, sembrano voler dire gli intervistati che si aggrappano a una incontestabile novità nel lessico e nel modo di porgere dei giovani leader. Attualmente non sono i partiti a promettere cambiamenti sostanziali e la fiducia cerca nuove vie. «Si fa largo l’idea – è il commento – che la democrazia non abbia bisogno dei partiti», afferma la metà degli intervistati. Solo cinque anni fa la pensava così il 40% degli interpellati. Infatti nelle motivazioni di voto alle europee il 30 per cento va ai leader di partito mentre la fiducia nel partito-lista ha influito solo dell’11 per cento. Molto distanziato dal gruppo di testa dei giovani leader è Beppe Grillo, al 30% delle preferenze nel sondaggio Demos in netto calo. Ma se l’è cercata, spiega l’istituì di rierca: avendo promesso il sorpasso del Pd, ha trasformato un risultato elettorale importante in un fiasco.

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