Dopo Livorno “nessun nemico a sinistra”. I rottamati del Pd parlano come nel 1921

10 Giu 2014 13:05 - di Mario Landolfi

I commenti ad urne ancora calde non hanno ancora chiarito se ad accendere un cero per i ballottaggi di Perugia, Potenza e Padova (una nuova P3?) debba provvedere un ammaccatissimo centrodestra, cha pur li ha vinti, o la vecchia guardia della premiata ditta del Pd, che almeno ufficialmente li ha persi. Nell’attesa di sciogliere il dubbio, resiste l’impressione che l’antica nomenclatura non voglia perdere l’occasione per frenare il renzismo arrembante sfruttando le sconfitte patite in queste tre città più Foggia e più – soprattutto – Livorno con l’obiettivo di riprendere fiato e, possibilmente, quota.

Le tensioni in un partito non sono mai da sottovalutare. Figuriamoci in quello che raccoglie la maggioranza relativa degli italiani ed esprime il presidente del Consiglio. Tanto più che la polemica ne investe direttamente la linea politica e l’azione di governo andando  ben oltre lo stucchevole confronto tra rinnovatori e cariatidi. È il caso di Bersani che evoca un Pd se non assediato quanto meno isolato. L’ex-segretario pensa soprattutto a Livorno, culla del Pci, e per ben 68 anni bastione incrollabile dei suoi eredi. La vittoria di un sindaco grillino riceve a Largo del Nazareno un’opposta lettura. E se dall’entourage renziano la Serracchiani si affretta a spiegare che le roccaforti non esistono più, i detrattori della segreteria avvertono che nessuno potrà dirsi sicuro nel Pd se ritorna – e Bersani lo intravede nella vittoria pentastellata di Livorno – il nemico a sinistra.

La sortita bersaniana non è destinata a mutare il corso imposto da Renzi ma può impressionare una parte del partito ancorata ad antiche impostazioni novecentesche – come quella appunto del “nessun nemico a sinistra” – in grado di tornare d’attualità alla luce della disinvoltura “ideologica” del nuovo leader. Del resto, deve significare pur qualcosa il rinfocolare di polemiche in un partito che solo due settimane fa ha superato il 40 per cento dei voti, conquistato il Piemonte e l’Abruzzo e vinto in moltissime città. È evidente che la “ditta” vuol far pesare il mezzo passo falso registrato ai ballottaggi ed è prevedibile che da oggi Renzi attutirà le incursioni nell’area moderata facendo finta di cedere qualcosa alle ragioni della vecchia guardia. Livorno non sarà Parigi, ma vale pur sempre un compromesso a sinistra.

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