Botte ai malati psichici, medico e infermieri chiamano in causa lo stress

23 Giu 2014 20:53 - di Redazione

Lo stress sul lavoro, la carenza di personale, la difficoltà nel sedare le liti tra i pazienti. Provano (con difficoltà) a difendersi il medico e i 9 infermieri dell’istituto-lager di Ficarolo (Rovigo) finiti in carcere la settimane scorsa per aver riempito di botte, insulti e umiliazioni i pazienti psichici della struttura sanitaria. Tutti episodi denunciati, prima che scoppiasse il caso, dai parenti degli ammalati, che trovavano i propri cari pieni di lividi ed ecchimosi. Confermati poi dalle immagini impietose delle telecamere della polizia, che ha poi fatto scattare il blitz nella sede degli «Istituti Polesani», struttura privata che lavora in regime di pre-accreditamento con la Regione. E proprio oggi il governatore veneto Luca Zaia, che aveva chiesto subito «tolleranza zero» una volta accertati i responsabili, ha voluto ispezionare personalmente la casa di cura rodigina. Una visita di circa un’ora, soffermandosi in particolare nelle stanze del reparto degli orrori, quello psichiatrico, accompagnato dal direttore dell’istituto e dal sindaco di Ficarolo. «E’ una struttura in ottime condizioni – ha detto al termine Zaia – una delle migliori in Veneto, e non è nostra intenzione chiuderla. Ma bisogna arrivare alla parte sana, eliminando tutto quello che c’è di marcio». Zaia ha confermato che la Regione intende costituirsi in giudizio nei confronti dei responsabili, e lo stesso avverrà davanti alla Corte dei Conti per gli eventuali danni erariali. «Non siamo qui a fare sconti a nessuno» ha concluso. Intanto, per i 10 ci sono stati gli interrogatori di garanzia. I tre uomini sono stati sentiti nel carcere di Rovigo, le sette infermiere nel carcere femminile di Verona. Queste ultime si sono tutte avvalse della facoltà di non rispondere. Hanno invece accettato le domande del gip i tre uomini, un medico – per lui l’accusa di maltrattamenti deriva dal fatto di non aver mai denunciato le violenze – e due infermieri. Proprio da parte dei due assistenti sanitari ci sarebbe stato il tentativo di ridimensionare la portata dei gesti violenti di cui sono accusati. I due infermieri, secondo quanto si è appreso, avrebbero cercato di «giustificare» le loro reazioni con le situazioni «difficili» della struttura, la carenza di personale, le frequenti liti che scoppiavano tra i pazienti con problemi psichici. «Eravamo sotto stress» è l’espressione usata da uno dei due indagati. Quanto alle violenze di cui sono accusati, hanno tentato di «derubricare» i pugni e gli schiaffi ripresi dalle microtelecamere con «manate sulla faccia».
GM/ S0B QBXB

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