Yara Gambirasio: un altro buco nell’acqua. La 46enne rintracciata non è la madre del killer

2 Mag 2014 14:22 - di Redazione

Era già stata identificata e controllata dagli inquirenti che seguono il caso di Yara Gambirasio e non era emerso alcun risultato dagli accertamenti su una donna di 46 anni di Clusone che, secondo alcune voci, avrebbe avuto un figlio dopo una relazione clandestina con un conducente di pullman. Ovvero il mestiere di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 a 61 anni e indicato dal Dna quale padre naturale di “Ignoto 1”, l’assassino di Yara. La donna era già stata oggetto di segnalazioni anche in passato e proprio per questo motivo gli inquirenti l’avevano già rintracciata. Le indagini su di lei non avevano portato alcun esito. Nessuna nuova pista dunque, come si era sperato. La quarantaseienne di Clusone non c’entra dunque nulla con il caso di Yara.  A distanza di oltre tre anni di buio sul fronte delle indagini c’è solo una certezza: chi l’ha uccisa è figlio di Giuseppe Guerinoni, autista di autobus scomparso nel ’99, ed è appunto il cosiddetto Ignoto 1, non ancora individuato. Queste le tappe della drammatica vicenda: 26 novembre 2010: Yara Gambirasio, 13 anni, scompare a Brembate di Sopra, alle porte di Bergamo. Ha lasciato la palestra in cui pratica la ginnastica ritmica ad appena 700 metri da casa e di lei si perdono le tracce. Dal suo telefonino parte un sms di risposta ad un’amica. Alle 18.47 il suo telefonino viene agganciato dalla cella di Mapello, un comune distante circa tre chilometri da Brembate, poi la traccia scompare. 5 dicembre 2010: il marocchino Mohamed Fikri, che lavora in un cantiere edile di Mapello, vicino a Brembate, è fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri. Contro di lui alcuni indizi, tra i quali un’intercettazione ambientale in cui sembra affermi “Allah perdonami non l’ho uccisa”. Ma la traduzione era sbagliata. Mohamd Fikri si proclama innocente. Riesce a dimostrare che le sue vacanze in Marocco erano programmate da tempo e che non stava fuggendo. La sua posizione sarà archiviata perché l’immigrato risulterà del tutto estraneo alla vicenda. 26 febbraio 2011: il corpo di Yara, a tre mesi esatti dalla scomparsa, è ritrovato in una campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate (Bergamo). Le indagini appureranno che è stata uccisa sul posto, colpita da alcune coltellate e morta anche per il freddo. 15 giugno 2011: gli investigatori isolano una traccia di dna maschile sugli slip della ragazza che, a differenza degli altri tre già esaminati, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Sarebbe il dna dell’assassino. Un profilo genetico che non è tra i 2.500 raccolti in quei mesi dagli investigatori. 18 settembre 2012. Nasce la cosiddetta pista di Gorno: è estratto da una marca da bollo su una vecchia patente il Dna di Giuseppe Guerinoni, di Gorno sposato e padre di due figli, morto a 61 anni nel 1999 simile a quello trovato sul corpo di Yara. Un Dna che, comparato con il nucleo famigliare dell’uomo, non porta ad alcun risultato; da qui l’ipotesi degli investigatori che esista un suo figlio illegittimo. 7 marzo 2013 – È riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, il bergamasco di Gorno morto nel 1999 e che, secondo gli inquirenti, sarebbe il padre biologico dell’assassino. La salma verrà sottoposta a tutti gli accertamenti del caso, come disposto dalla Procura. 10 aprile 2014 – La consulenza dell’anatomopatologa Cattaneo fuga i dubbi, peraltro sollevati dalla famiglia di Yara, sulla corrispondenza del Dna con quello di Giuseppe Guerinoni. L’assassino di Yara è un suo possibile figlio illegittimo che, però, non è ancora stato trovato. Di recente, senza alcun risultato, quel Dna era stato comparato con quello di donne che frequentavano Salice Terme, nel Pavese. Una località climatica che l’autista aveva frequentato negli anni in cui avrebbe potuto avere un figlio illegittimo.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *