Nigeria, Boko Haram risponde col sangue alle minacce dell’Occidente: strage a Jos, oltre 200 morti

21 Mag 2014 11:54 - di Desiree Ragazzi

«Ci vogliono tutti morti»: un tweet di una ragazza nigeriana ha fotografato un’altra giornata di sangue in Nigeria con decine di morti, «in gran parte donne», causati martedì dall’esplosione di almeno due autobomba a Jos, Stato centrale del Paese. Il bilancio ufficiale fornito dall’agenzia nazionale della gestione delle crisi (Nema) parla di «almeno 118 morti». Secondo i media locali, che hanno citato fonti ospedaliere, le vittime sarebbero più di duecento. «La gente correva ovunque, tanti erano coperti di sangue», ha raccontato un testimone. Le esplosioni, due secondo le autorità, tre secondo fonti citate della Cnn, hanno preso di mira una stazione di taxi in una delle vie commerciali più affollate della città con un camion carico di esplosivo. Poi, in uno schema terroristico targato al Qaida già visto in Afghanistan, Iraq e Libano, un’altra esplosione con un’auto saltata in aria poco distante nei pressi del Terminus market, mentre i soccorritori portavano i primi aiuti. Terribile la scena: «I cadaveri sono carbonizzati sarà difficile riuscire a identificarli», ha raccontato un testimone. «Si tratta di un episodio gravissimo, non imputabile ai conflitti etnico-religiosi» che attanagliano la regione da decenni, ha spiegato Lionello Fani, un italiano della Onlus Apurimac attiva in città per mitigare i contrasti locali. Jos, capitale dello Stato di Plateau, è infatti il crocevia degli scontri violenti tra pastori cristiani e musulmani. «Subito dopo l’attentato alcuni ragazzi cristiani hanno messo in piedi dei checkpoint, ma le autorità religiose stanno mediando per evitare altra violenza», ha spiegato Fani, da sei anni in Nigeria. Non sembrano esserci dubbi sulla matrice dell’attacco terroristico, riconducibile a Boko Haram, che alla vigilia di Natale del 2010 aveva colpito Jos con un attentato costato la vita a oltre ottanta persone. «La preoccupazione c’era: dopo il rapimento delle liceali e la forte pressione internazionale sul caso in molti temevano che Boko Haram potesse colpire negli Stati del centro invece che in quelli del nordest», ha aggiunto Fani. Proprio martedì il Parlamento di Abuja ha decretato il prolungamento di altri sei mesi dello stato di allerta imposto un anno fa nelle regioni calde di Yobe, Adamawa e Borno, lo stesso in cui a metà aprile sono state rapite oltre duecento liceali (sono quasi trecento quelle in mano agli integralisti, contando successivi rapimenti di ragazze nel Paese). La Nigeria, dopo il vertice di sabato a Parigi con Francois Hollande e i capi di Stato dei Paesi africani limitrofi, ha chiesto ufficialmente al Consiglio di sicurezza dell’Onu di inserire Boko Haram nella lista nera del terrorismo internazionale, ma è chiaro che Abuja avrà bisogno di aiuti più concreti per far fronte a una minaccia divenuta sempre più letale.

 

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